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Spiegazione ed esempi

Paronomasia

Figura retorica

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Definizione

La paronomasia è una figura retorica di parola, detta anche annominazione o bisticcio di parole, che consiste nell’accostamento di due termini dal suono simile ma di diverso significato creando un gioco di parole.


I due termini che costituiscono la paronomasia sono detti paronimi e solitamente differiscono per una o due lettere creando una minima variazione di suono, come, per esempio, quando si dice: spendere e spandere, amore amaro, fare la fame.


La paronomasia è un gioco linguistico e serve per ottenere particolari effetti espressivi, o per dare musicalità al testo o per far risaltare più efficacemente la diversità o addirittura opposizione di significato delle parole.


Paronomasia deriva dai termini greci: para che significa vicino e onomasia che significa denominazione.


Si possono distinguere due tipi di paronomasia:

  • Paronomasia apofonica relativa alla differenza di vocale tonica (vocale dove cade l’accento) nella radice del termine: risica/rosica, stelle/stalle, ardore/ardire;
  • Paronomasia isofonica relativa alla differenza di una vocale non tonica o di una consonante mantenendo l’uguaglianza dei suoni su cui cade l’accento: traduttore/traditore, tempo-tempio, alto-almo, luce-lume .

Uso nel linguaggio comune

La paronomasia è molto utilizzata nel linguaggio corrente e nella pubblicità in quanto basata su giochi di parole, proverbi e frasi fatte del tipo:

  • carta canta
  • sesto senso
  • fare la fame
  • dalle stelle alle stalle
  • chi non risica non rosica
  • senza arte né parte
  • volente o nolente
  • prendere fischi per fiaschi,
  • via vai,
  • parenti serpenti;
  • chi dice donna dice danno
  • il troppo stroppia, ecc.


Esempi letterari di Paronomasia:

Gli esempi tratti da testi e poesie famose sono il modo migliore per comprendere pienamente il significato della paronomasia e quando sia da utilizzare.


"…e non mi si partía d’innanzi al vólto,
anzi impediva tanto il mio cammino, ch’i’ fui per ritornar piú volte vòlto…"
(Dante, Inferno, Canto I, vv. 34/36)

Esempio di paronomasia apofonica in cui la radice è sempre volt- ma il significato etimologico è differente perché:

  • nel primo caso - vólto si tratta del singolare del sostantivo volto;
  • nel secondo caso - volte c’è il plurale del sostantivo volta;
  • ed infine con il terzo - vòlto abbiamo il participio passato del verbo volgere.

"…e  disse: “Il temporal foco e l’etterno
veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte dov’io per me più oltre non discern…"
(Dante, Purgatorio, Canto XXVII, vv. 127/129)

Esempio di paronomasia isofonica in cui vi è un mutamento di consonante nella radice dei termini ma rimane uguale la vocale su cui cade l’accento e il significato etimologico è differente:

  • veduto;
  • venuto.




"...baci per versi e con un libro un labro..."
(G.B. Marino, Le carte in ch’io primier scrissi e mostrai, v.14)

"…Rosa, riso d'Amor, del Ciel fattura,
rosa del sangue mio fatta vermiglia,
pregio del mondo e fregio di natura,…"
(G.B. Marino,  Elogio della rosa, Ottava 156)

"…Quivi stando, il destrier ch’avea lasciato
tra le più dense frasche alla fresca ombra
…"
(L. Ariosto, Orlando furioso, VI, Ottava 26)

"…Trema un ricordo nel ricolmo secchio…"
( E. Montale, Cigola la carrucola nel pozzo, v.3)






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