Definizione:
L’anadiplosi è la figura retorica di parola che consiste nella ripetizione nella frase successiva della parola, o delle parole, con cui si conclude la frase precedente.
Il termine anadiplosi deriva dal greco anadíplosis, e significa duplicare, raddoppiare.
Spiegazione anadiplosi:
Nella anadiplosi vi può essere la ripetizione identica (effetto copia) o con varianti formali e grammaticali (effetto quasi copia). Non sempre quindi è necessario ripetere la stessa identica parola, a volte può essere un sinonimo od un termine molto vicino, l’importante è che ci sia una ripetizione dello stesso concetto.
Lo scopo dell’uso dell’anadiplosi è di enfatizzare, amplificare il significato di un determinato concetto, ad esempio:
- "…È il vento,/il vento che fa musiche bizzarre.…" in questo testo (Diario d’Algeria, vv. 8-9) di Vittorio Sereni la ripetizione de il vento ne sottolinea la presenza e quindi il poeta ripete la parola per enfatizzare l’intensità di questo elemento naturale.
- “chè se Cesare venne e vide e vinse/venne, vinse e non vide il Gran Luigi” tratto da Sudate, o fochi, a preparar metalli, singolare sonetto, scritto del marinista Claudio Achillini, in onore del Re di Francia Luigi XIII, dove l’autore riprende la famosa frase di Cesare replicandola ritoccata per magnificare la superiorità di Luigi XIII rispetto allo stesso Cesare.
L’anadiplosi viene molto utilizzata anche nel linguaggio corrente, a volte anche non volutamente, per esempio quando si riprende il filo del discorso.
Differenza tra anadiplosi, anafora e epifora:
Anche l’anafora è una figura di ripetizione ma si differenzia in quanto la ripetizione è tra parole o frasi posti all’inizio di versi successivi (X…/X…) ed in genere vengono replicati più volte. L’epifora è speculare all’anafora in quanto le parole o frasi ripetute sono alla fine dei versi (…X/…X).
Esempi letterari di Anadiplosi:
Gli esempi tratti da testi e poesie famose sono il modo migliore per comprendere pienamente il significato dell'anadiplosi e perché viene utilizzata.
La selva, dico, di spiriti spessi..."
(Dante, Inferno, IV, vv. 65-66)
scrivi quel che vedesti in lettre d’oro..."
(F. Petrarca, Canzoniere, XCIII, vv. 1-2)
guerra e morte avrai -..."
(T. Tasso, Gerusalemme Liberata, XII,
Il duello tra Tancredi e Clorinda, Ottave 52/53)
parole ch'a lei novo un spirto ditta,..."
(T. Tasso, Gerusalemme Liberata, XII,
La morte di Clorinda, Ottava 65)
non vedo il lauro e ’l ferro ond’eran carchi..."
(G. Leopardi, Canti, All’Italia, vv. 4-5)
S’innalza; e ruba il filo dalla mano..."
(G. Pascoli, L’aquilone, vv. 27-28)
il vento che tarda, la morte, la morte che vive!..."
(E. Montale, Notizie dell’Amiata, vv. 45-46)
povera mano, la città è morta.
È morta..."
(S. Quasimodo, Giorno dopo giorno, vv.1-3)
ogni giorno per giuoco.
Per giuoco morde invano
il cavo della mano..."
(L. Sinisgalli, Vidi le Muse, vv.1-4)
a questo suo ramoscello che adornerà una cornice.
Adornerà la cornice dorata a capo del letto
l'ulivo ch'è benedetto, l'ulivo che benedice..."
(M. Moretti, Ramo d'ulivo, vv.3-6)