RIASSUNTO
Levi viene assegnato, dopo vari trasferimenti, al Block 30, ad una cuccetta in cui dorme già un altro prigioniero, Diena, che lo accoglie cordialmente facendogli posto.
Inizia così la vita da deportato per Primo Levi che si trova ad affrontare due problemi fondamentali:
- il problema della lingua, considerato che il lager è abitato da una babele di persone che parlano lingue diverse e non è facile capirsi. Anche gli ordini e le minacce vengono urlati in lingue sconosciute e per chi non capisce al volo sono botte e punizioni;
- il problema del cibo che consiste nella distribuzione di una zuppa e del pane, un “sacro blocchetto grigio che sembra gigantesco in mano del tuo vicino, e piccolo da piangere in mano tua”.
La notte di Levi è agitata e abitata da sogni cupi e angosciosi. All’alba le luci si accendono e tutti si agitano, vestendosi frettolosamente e correndo alle latrine e al lavatoio per poter arrivare per primi alla distribuzione della razione quotidiana di pane.
L’igiene nel campo scarseggia. Il lavatoio, decorato da grandi affreschi didascalici che fungono da monito a lavarsi e ad avere cura di sé, è in realtà un luogo immondo e dal cattivo odore, il pavimento è coperto di fanghiglia, dai lavandini scorre un’acqua torbida, maleodorante e non potabile, è praticamente inutile ai fini di una effettiva igiene. Infatti pochi in quelle condizioni mantengono la voglia di pulizia ed anche Levi, dopo solo una settimana di prigionia, considera il lavarsi come un inutile spreco di energia e completamente inefficace.
Nonostante ciò c’è chi insiste a mantenere l’abitudine di lavarsi come Steinlauf, un cinquantenne che Levi incontra un giorno al lavatoio. Steinlauf nonostante l’inutilità dell’azione è intento a strofinarsi vigorosamente senza sapone e con ben scarsi risultati. Egli si rivolge a Levi chiedendogli perché non si voglia lavare e gli ricorda che smettere di aver cura di sé equivale a cominciare a morire ed a fare il gioco del Lager il cui fine è di ridurre l’uomo a bestia. Aver cura della propria igiene, anche se inutile, è un modo per reagire e sopravvivere, sopravvivere per testimoniare e per affermare la propria dignità.