RIASSUNTO
Nel primo capitolo Primo Levi racconta le circostanze della sua cattura il 13 dicembre 1943, da parte della Milizia fascista, insieme ad altri ebrei. Levi viene quindi rinchiuso nel campo di internamento di Fossoli, vicino a Modena, dove venivano convogliate tutte le persona non gradite al governo fascista, primi fra tutti gli ebrei che in breve tempo passarono da 150.000 persone a oltre 600.000.
Il 21 febbraio del 1944 nel campo trapela la notizia dell’immediato trasferimento, per ordine dei nazisti, di tutti gli ebrei, anche bambini, vecchi e malati, in un campo di concentramento nazista.
L’ultima notte viene vissuta tragicamente nella consapevolezza dell’infausto destino che li aspetta, ognuno reagendo a proprio modo, piangendo, pregando, ubriacandosi, ecc.; solo le madri si organizzano per sbrigare i preparativi di viaggio e per poter assicurare ai propri figli il cibo, i vestiti puliti e persino i giocattoli di cui necessitano abitualmente.
All’alba, dopo l’appello dei nazisti e la conta dei pezzi (così i deportati vengono definiti dai nazisti) da trasferire, vengono fatti tutti salire alla stazione di Carpi su un treno di 12 vagoni merci piombati, le cosiddette tradotte, in cui vengono stipati, compressi come bestie, 650 persone.
E’ la prima occasione in cui si rivela la violenza gratuita e fredda dei nazisti che, in Primo Levi,più che dolore, suscita uno stupore profondo che fa porre all’autore da domanda “come si può percuotere un uomo senza collera?”.
Soltanto alla sera, dopo un’intera giornata con i deportati segregati dentro ai vagoni, il treno viene fatto partire. Il viaggio è molto lungo e lento intervallato da soste interminabili. Ad ogni fermata, i deportati attraverso le fessure dei vagoni chiedono pietosamente da bere, da mangiare, un pugno di neve ma i soldati di scorta impediscono a chiunque di avvicinarsi.
I prigionieri vengono trasportati in treno fino in Polonia, attraversando prima il Brennero e poi l’Austria. Già in Austria più nessuno di loro cerca di comunicare con l’esterno; tra i deportati predomina ormai lo sconforto, lo smarrimento e la rabbia. Alla quarta notte il convoglio si arresta in mezzo alla campagna deserta, i prigionieri vengono fatti scendere su una banchina illuminata da riflettori, sembrano ombre e sotto lo stretto controllo dei soldati nazisti, di cui non comprendono la lingua, vengono divisi in base all’età e alle condizioni fisiche. Chi indugia viene ucciso all’istante: è il caso di Renzo che troppo a lungo si intrattiene a salutare la fidanzata Francesca e per questo gli viene sparato in faccia.
Tutti gli uomini validi, tra cui Levi, utili al lavoro vengono radunati in un gruppo e separati da tutti gli altri. Il gruppo è composto da novantasei uomini e ventinove donne e vengono destinati ai campi di lavoro di Monowitz e Birkenau, mentre tutti gli altri, oltre cinquecento tra donne, anziani e bambini, vanno alla morte.
E’ in questo frangente che i deportati entrano in contatto con gli altri prigionieri da tempo detenuti nei campi, Levi li descrive come automi sudici e stracciati, ombre di se stessi, intenti ad armeggiare con i bagagli; l’autore intuisce che quella è la metamorfosi che lo attende.
I selezionati (96 su 650) salgono su degli autocarri dove vengono confiscati loro tutti gli averi per una iniziativa personale del nazista di guardia che gli fa capire che tanto non ne avranno più bisogno. Levi citando Dante paragona la guardia tedesca ad un novello Caronte, come questi per traghettare le anime all’inferno chiedeva una moneta così l’aguzzino tedesco si appropria degli oggetti di valore dei prigionieri destinati all’inferno del Lager.