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Letteratura

Riassunto e analisi del testo

Dialogo della natura e di un islandese

Operette morali XII

Giacomo Leopardi

· Pubblicato · Aggiornato ·

"Dialogo della natura e di un islandese" affronta il tema nodale della natura. Leopardi attraverso la personificazione della natura focalizza l’attenzione sulla natura crudele e indifferente al destino degli uomini, forza spietata e impersonale nemica della felicità dell’uomo. La stessa crudeltà umana dipende dalla condizione naturale degli uomini destinati, nei fatti, ad essere infelici e cattivi. Emergono dunque in questo dialogo due punti cardine del pensiero di Leopardi: la natura matrigna e il pessimismo cosmico.


 

RIASSUNTO

Il protagonista del “Dialogo della natura e di un islandese” è un Islandese, grande viaggiatore, che decide di compiere un viaggio in Africa, nella sua parte più sconosciuta, deserta e inospitale.
Come già capitato a Vasco De Gama, che nel passare il Capo di buona speranza si era imbattuto nelle colossali statue dell’isola di Pasqua (allusione ad un episodio del Poema Lusiadi del poeta portoghese Luis Vaz de Camoes, che narra in forma epica e fantastica la storia del popolo portoghese), così l’Islandese, approdato all’interno del continente africano, si imbatte in quella che da lontano gli appare come un’enorme figura che sembra di pietra e poi da vicino rivela essere un’enorme figura di donna in carne ed ossa, la personificazione della Natura.
L’Islandese è spinto ad allontanarsi dalla propria patria ed ha iniziato il suo viaggio proprio per sfuggire alla natura, ed è finito proprio dove questa dimostra maggiormente la sua potenza: “Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio, finché gli cade in gola da se medesimo. Io sono quella che tu fuggi”, dice la Natura.  
ISLANDESE

L’Islandese si dilunga quindi ad elencare le pene e i travagli che ogni giorno affliggono gli uomini, a partire dalla loro ottusa affannata ricerca di piaceri e di beni che in realtà li allontanano dalla felicità. Convinto che la felicità sia impossibile da raggiungere, anche per pochi attimi, che gli uomini siano degli stolti e la vita senza senso (rielaborazione di filosofie ellenistiche), l’Islandese pensa che l’unico modo per sfuggire al dolore sia ritirarsi a vivere una vita oscura e tranquilla, lontano dagli uomini (si rifà al principio epicureo del “vivere nascostamente”), cercando solo il piacere dato dall’assenza di dolore (piacere catastematico).
Perseguire questo ideale di vita solitaria si rivela però illusorio, le condizioni di vita dell’Islandese non migliorano perché, non solo la società si oppone alla vita tranquilla, ma anche l’ambiente naturale ostile (l’Islanda è fredda, ventosa e presenta molte minacce ambientali) rende difficile la conduzione di un’esistenza solitaria.
L’Islandese racconta quindi di aver deciso di abbandonare l’Islanda per andare alla ricerca di climi più miti. Anche nei luoghi con climi migliori la situazione non cambia, ovunque si verifica una sorta di guerra della natura verso l’uomo. Una battaglia quotidiana caratterizza la vita degli uomini che si trovano a dover combattere gli eventi naturali, terremoti, tempeste, eruzioni di vulcani, straripamenti di fiumi o il pericolo derivante da animali feroci, serpenti, insetti, o le malattie ed infermità.
L’islandese sottolinea come elementi come il sole e l’aria, indispensabili per la vita siano anche causa di sofferenze ed egli non solo non ha avuto giorni di godimento ma addirittura non ha trascorso neppure un giorno in cui non abbia avuto qualche pena. L’Islandese si sofferma anche sul tema dell’odiosa vecchiaia, evento non accidentale ma destinato a tutti, che riguarda buona parte della vita e rappresenta il cumulo massimo di tutti i mali.
L’Islandese arriva quindi ad accusare la Natura di essere nemica del genere umano, e di tutto ciò che ha creato, che tormenta in tutti i modi e l’unica responsabile dell’umana infelicità.
NATURA
La Natura, impassibile, risponde che nel suo agire vi è totale indifferenza per la condizione umana, sia di felicità che di infelicità.
ISLANDESE
L’Islandese replica domandando alla natura perché mai abbia deciso di dargli la vita se poi non si cura di evitargli avversità e patimenti.
NATURA
La natura risponde affermando che “la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione”. Unico suo compito è di garantire l’eternità di questo processo di vita e di morte dove morte e patimento sono necessari alla conservazione del mondo e gli uomini e le creature tutte sono puri strumenti. (Concezione meccanicistica dell’universo)
ISLANDESE
L’Islandese rivolge l’ultima domanda alla Natura chiedendole a chi giovi tutto questo.
Questa domanda rimane in sospeso ed il racconto giunge ad una conclusione grottesca, quasi un ultimo sfregio da parte della Natura: due leoni, malconci e affamati, sbranano l’Islandese. Ciò permetterà ai leoni di poter sopravvivere ancora per un solo giorno, rivelando l’assurdità della loro ferocia.
In alternativa viene prospettata un’altra versione dei fatti, non meno amaramente irridente rispetto alla prima, in cui l’Islandese travolto dal vento muore sotto la sabbia, ed in seguito si trasforma in una mummia.


 

ANALISI DEL TESTO

Dialogo della Natura e di un Islandese” è stato scritto da Giacomo Leopardi nel maggio del 1824 e fa parte delle Operette Morali.
Questo dialogo rappresenta per Leopardi una svolta importante con la radicale affermazione del pessimismo cosmico, che trova le sue premesse già nello Zibaldone, dal 18 agosto 1821, e arriva alla sua massima espressione con il Cantico del gallo silvestre.
L’infelicità umana che fino a quel momento per Leopardi dipendeva da ragioni storiche (pessimismo storico), per cui sarebbero stati la ragione e il progresso ad allontanare l’uomo dalla condizione originaria di felicità (concezione che deriva da Rousseau),  cioè da uno stato di natura in cui la natura è considerata ancora provvidenziale e benigna, ora lo stato di infelicità viene attribuito da Leopardi esclusivamente alle condizioni esistenziali dell’uomo.Si parla perciò in questa fase di pessimismo cosmico, Leopardi giunge alla conclusione che la natura, nella sua organizzazione universale, è orientata solamente alla perpetuazione dell’esistenza (meccanicismo), senza finalità, senza che la felicità degli individui venga tenuta in alcuna considerazione.
L’infelicità non deriva più dall’impossibilità di soddisfare un piacere infinito, quindi non ha cause psicologiche, ma dipende da cause oggettive e materiali, determinate dalle leggi stesse del mondo fisico, da una natura espressione di un meccanismo spietato il cui fine ultimo non è la felicità degli esseri viventi, tormentati da morte, dolore, distruzione e malattie, ma la propria conservazione.





 

PERSONAGGI

I personaggi sono 2: l’Islandese e la natura.


L’ISLANDESE

Perché un islandese?

La scelta di Leopardi di un islandese quale protagonista del dialogo si basa su due ragioni:

  • Leopardi sceglie un irlandese come protagonista perché la terra da cui proviene, l’Islanda, rappresenta l’incarnazione di una delle idee del pessimismo storico, essendo il territorio più lontano dalla zona geologica originale dell’uomo, territorio dalle difficili condizioni naturali in cui gli abitanti sono costantemente minacciati sia dal gelo che dai vulcani.
  • Leopardi non sceglie un personaggio importante (un filosofo, un artista, uno scienziato), come accade in altre operette, ma preferisce un protagonista comune, un uomo definito solo attraverso la propria nazionalità (l’Islanda) perché rappresenta un punto di vista obiettivo, basato sulla verità dell’esperienza diretta. Questo approccio serve inoltre a dare più rilevanza alle conclusioni filosofiche del finale che appaiono come la conseguenza necessaria delle esperienze narrate nel corso del dialogo. È la tecnica simile a quella cui ricorre in seguito Leopardi nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, dove affiderà al punto di vista spontaneo e diretto del pastore le domande relative al significato dell’esistenza.

L’Islandese è un personaggio curioso e stravagante, uomo di vasta cultura (come si deduce dai molti riferimenti a filosofi, letterati e scienziati) ma anche ingenuo. In lui si ravvisa una proiezione del poeta Leopardi che, come l’Islandese che proviene dai margini estremi della civiltà, si sente lontano dalle idee e dalle professioni di fede del suo secolo.

Che tipo di viaggiatore è l’Islandese:

L’Islandese è agli antipodi del viaggiatore-tipo che nel Settecento, età dei viaggi e delle scoperte, andava alla ricerca di posti sconosciuti, perché per l’Islandese il viaggio è una fuga dalle sue terre, alla ricerca di una vita eremitica. Leopardi evidenzia come anche questo tipo di vita incontri non poche difficoltà determinate dall’imperversare delle forze della natura, diverse e terribili calamità affliggono la specie umana.


LA NATURA

La natura è una figura antropomorfica, un’entità reale, viva, rappresentata nell’atteggiamento di un idolo. E’ a metà tra mitologia e immaginazione.
Emerge la visione materialista e meccanicistica della natura.





 

AMBIENTAZIONE

L’incontro tra l’Islandese e la Natura avviene in un deserto equatoriale, in un luogo che sembra collocato al di fuori delle carte geografiche, “in un luogo non mai prima penetrato da uomo alcuno”. Anche la descrizione utilizzata da Leopardi, aulica (immaginò dover essere) e riferita ad un tempo lontano (molti anni prima) ha la funzione di richiamare immagini di tempi e luoghi lontani ed una visione astratta sia del tempo che dello spazio.

 

CRITICA ALL’ANTROPOCENTRISMO

In base al pessimismo cosmico le sofferenze degli esseri viventi sono semplicemente e drammaticamente intrinseche alla vita dell’universo e indispensabili alla sua stessa conservazione.
Con questa teoria Leopardi annulla ogni ipotesi di antropocentrismo, ogni presunzione di considerare l’uomo come fine ultimo del creato. Leopardi, materialista e ateo, critica l’idea che l’universo sia nato ed esista in funzione dell’uomo.

LA CONCLUSIONE DEL DIALOGO

Il dialogo si chiude con la domanda accorata con cui l’Islandese pone il problema del senso della vita umana: “a chi piace o a chi giova – si chiede il viaggiatore – cotesta vita infelicissima dell’universo?” Il doppio finale, amaramente ironico, lascia in sospeso questo profondo interrogativo, confermando il cieco meccanicismo che domina l’universo.

 

STILE

La caratteristica dello stile di questa operetta è dato dall’utilizzo della tecnica dell’accumulo, infatti tutta la sua struttura è basata sulla descrizione e l’accumulo di sofferenze e disgrazie (es.: “sono stato arso dal caldo fra i tropici, rappreso dal freddo verso i poli, afflitto nei climi temperati dall’incostanza dell’aria, infestato dalle commozioni degli elementi in ogni dove”) per passare poi nella seconda parte all’elencazione e accumulo di accuse, con una vera e propria requisitoria, contro la natura (es.: “tu sei nemica scoperta degli uomini…ci assalti…ci pungi…ci laceri…ci offendi…ci perseguiti”).
Lo scritto del dialogo di Leopardi trabocca di figure della negazione, sia per caratterizzare il comportamento dell’Islandese (deliberai, non dando molestia a chicchessia, non procurando…, non contendendo…), sia a livello retorico, per esempio nella figura retorica della litote: non ignori…di non poco momento, e nella figura retorica dell'antitesi: non finta ma viva…, sia nel lessico dove appaiono frequenti termini di privazione od assenza: tenermi lontano…astenermi…ecc.







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