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Letteratura

Riassunto e analisi del romanzo

Il fu Mattia Pascal

Luigi Pirandello

· Pubblicato · Aggiornato ·

Il Fu Mattia Pascal è il primo romanzo di Luigi Pirandello, pubblicato nel 1904, è l’opera che dà a Luigi Pirandello la fama mondiale. Pirandello scrive questo romanzo in un momento della sua vita di grande difficoltà in cui assiste la moglie malata. La sua originalità suscitò curiosità all’estero mentre in Italia fu oggetto di critica e scarsa attenzione.

 


 

RIASSUNTO

E’ la storia paradossale, in diciotto capitoli, di un piccolo borghese, Mattia Pascal, protagonista di una vicenda di morte e reincarnazione.
La storia comincia dalla fine.

I primi due capitoli costituiscono la premessa di tutta la storia, una premessa duplicata. Il protagonista afferma che la sua è una vicenda particolarmente strana e difficile da raccontare e che riguarda le sue prime due morti. L’amico che gli ha suggerito di scrivere la sua strana storia è il reverendo Don Eligio Pellegrinotto, col quale collabora nella piccola biblioteca del paesino di Miragno e al quale egli affida il suo manoscritto che potrà essere letto solo 50 anni dopo quella che lui definisce la sua terza, e definitiva, morte.  Dopo un’invettiva contro Copernico, a suo parere colpevole con la sua scoperta della terra che gira attorno al sole di aver sconvolto il modo di pensare fino ad allora in auge basato sull’antropocentrismo e quindi di aver scardinato la convinzione che l’uomo fosse il centro del mondo e con essa le sue pretese di conoscenza certa e di verità rendendole assurde e relative, ha inizio con il terzo capitolo il racconto vero e proprio.

I capitoli dal III al VI riguardano il racconto della vita di Mattia Pascal ed ha inizio quando all’età di quattro anni Mattia Pascal perde il padre. La gestione economica familiare passa nelle mani di un amministratore-ladro, Batta Malagna detto “la talpa”, la cui amministrazione impoverisce anno dopo anno la famiglia di Pascal per arricchire la propria. Per fargli un dispetto Mattia Pascal seduce Romilda, la donna da cui Malagna vorrebbe avere un figlio, e la mette incinta. La situazione si complica perché Mattia Pascal ingravida anche Oliva, la seconda moglie  dell’amministratore. Mentre Malagna riconosce come proprio il figlio di Oliva, Mattia Pascal deve accettare le nozze riparatrici con Romilda. La vita coniugale si rivela un inferno anche perché nel frattempo Pascal è economicamente caduto in disgrazia.
Mattia Pascal è dunque un personaggio imprigionato nella trappola di un matrimonio infelice e di una sventurata condizione economica e sociale. A seguito di nuove disgrazie familiari, la morte delle sue due bambine (le gemelle) e della madre, egli fugge da casa e si reca al Casinò di Montecarlo, dove inaspettatamente realizza una cospicua vincita alla roulette.

Il Capitolo VII segna un cambiamento radicale per Mattia Pascal. Durante il viaggio di rientro a casa Mattia Pascal legge su un giornale del ritrovamento, presso il paese dove abita, del corpo di un suicida annegato che la moglie e la suocera hanno identificato in lui. Il caso ha fatto sì  che egli si trovi improvvisamente nella condizione di poter essere un uomo libero e padrone di sé, economicamente autosufficiente. Decide allora di utilizzare questa morte per liberarsi della sua vita passata.

Nei capitoli dal VIII al XVI Mattia Pascal si costruisce un’identità nuova, sotto il falso nome di Adriano Meis, nome scelto ascoltando sul treno dei frammenti di una conversazione tra passeggeri.
Pascal cerca di trasformare il suo aspetto: si taglia la barba, indossa un paio di occhiali scuri per coprire lo strabismo, una giacca lunga a doppio petto e un cappello a larghe tese.
Inizia a viaggiare per l’Italia e per l’Europa, senza una meta prestabilita, senza uno scopo preciso se non quello di godere appieno dell’inaspettata libertà. Ad un certo punto però comincia ad avvertire il peso della solitudine e sente la necessità di riallacciare quella rete di rapporti sociali che in passato lo soffocava e condizionava. Dopo un soggiorno a Milano e l’esperienza della modernità in questa metropoli industriale, va a vivere a Roma nella pensione di Anselmo Paleari, pensione che ospita strani personaggi appassionati di scienze occulte e di spiritismo. Si innamora della figlia del padrone di casa, la dolce Adriana, con la quale potrebbe iniziare una vita diversa e autentica. Si rende conto che in realtà il nuovo nome e il personaggio che impersona non esistono per la società e lo stato civile e che non può realizzare nessun progetto di vita futura. Vive con il timore che venga scoperta la sua vera identità, per non farsi riconoscere si fa operare all’occhio strabico e tuttavia quando viene derubato, durante una seduta spiritica, si rende conto che non può neppure denunciare il furto perché è una persona inesistente per lo Stato. Si sente così ridotto ad un’ombra. Sfidato a duello da un pittore spagnolo per questioni di gelosia, Adriano Meis, alias Mattia Pascal, in quanto privo di identità non è neanche in grado di procurarsi i padrini necessari per battersi, decide quindi di abbandonare Roma e Adriana e di far perdere le sue tracce facendo credere ad un suicidio per annegamento.

Nei capitoli conclusivi, XVII e XVIII,  il protagonista cerca quindi di rientrare nella sua vecchia identità, “risorgendo” come Mattia Pascal.  Torna al suo paese natale, Miragno, ma scopre che la moglie si è formata una nuova famiglia, si è risposata ed ha avuto una figlia con il suo amico Pomino, da sempre innamorato di Romilda ed a cui Pascal l’aveva portata via. Rinuncia allora a vendicarsi della moglie e ad avvalersi della legge in base alla quale è ancora lui il marito legittimo, ma in tal modo non gli resta altro che adeguarsi a vivere una condizione sospesa di “forestiere della vita”, “come fuori della vita”, che osserva gli altri dall’esterno, cosciente di non essere più “nessuno”, o meglio, di essere “fu Mattia Pascal”. Aspettando la terza definitiva morte, si accontenta di vivere nella biblioteca in cui aveva svogliatamente lavorato da giovane, scrivendo la propria storia.

 

Incipit

L’incipit del romanzo vede Mattia Pascal dichiarare di avere un’unica certezza quella di chiamarsi Mattia Pascal ma di non essere Mattia Pascal. Emerge in questa dichiarazione l’inettitudine del personaggio, cioè la sua incapacità di liberarsi della “zavorra” dell’identità, e conseguentemente delle convenzioni e della forma, nonostante ne abbia avuto l’occasione, grazie al duplice colpo di fortuna di una vincita consistente al casinò di Montecarlo e la sua presunta morte.
Nonostante abbia scoperto che il nome è una triste convenzione sociale, una maschera vuota ed una gabbia soffocante che imbriglia il flusso vitale, Pascal commette l’errore di darsi  una seconda identità, chiudendosi in un’altra trappola. rivela di aver conservato tutto il suo carattere piccolo borghese, il bisogno della casa, del tepore della famiglia.

 

Conclusione

Il romanzo si chiude con un paradosso: morto due volte e senza più la possibilità di avere un’identità sociale, il protagonista può vivere solo come “il fu Mattia Pascal”, cioè come un defunto, una persona morta, scomparsa per sempre. 
Alla fine, dopo aver capito che la vita è una finzione alienante e tragica e che la realtà non è riducibile a un’unica prospettiva e a un unico significato, il protagonista deve accettare di vivere la condizione del “forestiere della vita”, ossia in una condizione di passività ed accettazione, nella stasi totale.  Ha intuito infatti che un’identità vera non esiste e neppure può essere conferita da norme sociali false che riducono l’uomo a un nome e a una maschera.





 

Tematiche

Il Fu Mattia Pascal è il romanzo allegorico della crisi dell’uomo moderno e ciò emerge dalle varie tematiche che affronta:

  • La famiglia, viene vista sia come un nido, riferita alla famiglia originaria, soprattutto nel rapporto di tenerezza con la madre, sia come una prigione da cui evadere, relativamente al rapporto coniugale e con la suocera;
  • Il relativismo espresso attraverso il gioco d’azzardo che mette in rilievo la casualità degli eventi e il potere della sorte, e sottolineando i limiti della volontà e della ragione confermano la teoria della relatività della condizione umana affermata da Pirandello; e lo spiritismo, raccontato nell’episodio della seduta spiritica del Cap.XIV (evento presente anche nella Coscienza di Zeno di Svevo), serve per sottolineare la crisi del razionalismo positivista e affermare che il potere della ragione umana è limitato.
  • L’inettitudine. Come i personaggi di Svevo anche Mattia Pascal è un inetto incapace di adattarsi alla vita e dalla quale sogna un’evasione impossibile, è uno sconfitto dalla vita ed un anti-eroe che finisce con il guardarsi vivere e con l’adeguarsi ad accettare l’estraneità nei confronti della vita e di se stesso.
  • La crisi dell’identità. Mattia Pascal non riesce a rapportarsi non solo con la propria anima ma anche con il proprio corpo, ne è un sintomo il suo occhio strabico che guarda sempre altrove. La perdita dell’identità viene evidenziata anche attraverso il tema del doppio: vi è un brano del libro in cui l’ombra del protagonista viene posta in primo piano come doppio di Adriano Meis, rappresenta infatti la memoria e l’anima di Mattia Pascal, da cui il protagonista non riesce a staccarsi e di cui anzi è prigioniero.
    Tutto il romanzo è improntato sulla duplicità, sul raddoppiamento delle situazioni: Mattia Pascal seduce sia Romilda che Oliva; finge due volte il suicidio; si dà due diverse identità, Adriano Meis e poi Fu Mattia Pascal, ecc.
  • La maschera e la negazione dell’identità sociale. L’identità è una necessità sociale, ognuno di noi indossa una maschera per rapportarsi agli altri, non mostra la sua vera persona e quando Mattia Pascal prende coscienza di ciò capisce di essere passato da una situazione di maschera a quella di maschera nuda, consapevole dell’impossibilità di qualsiasi identità, si limita a guardarsi e guardare gli altri vivere.

 

Perchè Mattia Pascal rappresenta l'inetto?

  • Perché non è in grado di sostenere fino in fondo la condizione di libertà assoluta, a cui idealmente aspirava, dal peso delle convenzioni e dalla trappola della forma;
  • Mattia Pascal si rivela non all’altezza delle proprie ambizioni, è destinato al fallimento. Infatti la conclusione è negativa: Mattia Pascal si riduce a vivere una non-vita, rassegnandosi ad una condizione di paralisi e stasi. Pur non essendo morto fisicamente, di fatto vive in una condizione di estraneità alla vita, con l’atteggiamento distaccato di chi ha capito come funziona il gioco ed assiste dall’esterno al meccanismo della finzione ed alla messinscena della vita.

 

Stile

Il Fu Mattia Pascal rivela una grande originalità strutturale, riassumibile in 3 aspetti:

  • E’ una narrazione retrospettiva in prima persona. L’impianto narrativo si basa infatti sul racconto del protagonista stesso ed ha una struttura circolare e simmetrica, inizia a vicenda terminata e si conclude tornando all’inizio.
  • La verità della narrazione viene posta in discussione e il lettore viene sollecitato a interpretare quanto raccontato con spirito critico e con diffidenza (anche Svevo nel suo romanzo La coscienza di Zeno ha dato un’impostazione analoga).
  • E’ un romanzo soliloquio che utilizza spesso interiezioni, esclamazioni, interrogazioni, domande retoriche ecc.

In questi aspetti si evidenzia il superamento in Pirandello dei meccanismi narrativi propri del romanzo naturalista e verista. L’inattendibilità della voce narrante che è nello stesso tempo il protagonista delle vicende raccontate, si contrappone all’oggettività della narrazione in terza persona del romanzo naturalistico e verista che basandosi sul racconto di un narratore esterno e superiore al piano del narrato è perfettamente attendibile.
Al punto di vista oggettivo e verosimigliante della narrazione naturalistica, Pirandello sostituisce il punto di vista soggettivo di un personaggio la cui unità è frantumata in tre diverse incarnazioni: Mattia Pascal, Adriano Meis, il fu Mattia Pascal, ciascuna delle quali interviene sul racconto presentando un punto di vista diverso.
Il fu Mattia Pascal unisce racconto e riflessione teorica e per questo assume i connotati del romanzo-saggio, un genere narrativo, tipico del Novecento, in cui i momenti di riflessione teorica e filosofica si intrecciano alla narrazione delle vicende.







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