Premessa
Poesia tra le più belle di D’annunzio composta intorno al 1902/3, in cui attraverso la descrizione di pure sensazioni, uditive, visive, olfattive e tattili il poeta racconta l’esperienza panica vissuta dai protagonisti del componimento.
TESTO
PARAFRASI
[1] Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini ,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
Ermione.
[1] Taci (apostrofe). Al limitare (Su le soglie) del bosco non ascolto (non odo) le parole umane che dici (parole che dici umane); ma ascolto (odo) parole inconsuete (parole più nuove) pronunciate da (che parlano - personificazione) gocce (gocciole – termine onomatopeico) e foglie lontane.
Ascolta (Ascolta apostrofe e anafora vv.8-40-65-88). Piove (piove – anafora – vv.8-10-12-14-20-22-95-97-116-118) dalle nuvole sparse. Piove sulle (su le – anafora di su ai vv. 10-12-14-16-18-20-22-24-26-30) tamerici (tamerici - arbusti sempreverdi) coperte di salsedine (salmastre) e bruciate dal sole (arse), piove sui pini squamosi (scagliosi - con la corteccia a scaglie) e pungenti (irti - per le foglie aghiformi), piove sui mirti divini (divini – ipallage), sulle ginestre splendenti (fulgenti – per il loro colore giallo-dorato) di fiori, raccolti [in grappoli] (accolti - latinismo), sui ginepri carichi (folti) di bacche (coccole), odorose (aulenti - latinismo), piove sui nostri volti silvani (silvani – latinismo: da silva), piove sulle nostre mani nude, sui nostri abiti (vestimenti) leggeri, sui pensieri puri (freschi pensieri – sinestesia – fresco sensazione tattile quindi non riguarda il pensiero) che l’anima rinnovata (novella - latinismo) fa nascere (schiude) sulla favola bella (favola bella – si riferisce alla loro storia d’amore – richiama Petrarca: la mia favola breve, v. 13 – sonetto CCXVI - Canzoniere) che ieri ti illuse (illuse…illude – amore = utopia di alterne illusioni), o Ermione (Ermione – nome mitologico), che oggi (ieri/oggi - antitesi) mi illude.
[33] Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
[33] Senti (Odi - apostrofe)? La pioggia cade sul fogliame della pineta (verdura - latinismo) deserta (solitaria) con un crepitio (termine onomatopeico) costante (che dura) e vario nell’aria a seconda del fogliame (fronde) più o meno rado (rade…rade - anafora).
Ascolta (apostrofe). Risponde alla pioggia (pianto – si riferisce al rumore lamentoso della pioggia) il canto delle cicale che né la pioggia (pianto…pianto – anafora vv.41-43) [portata dal vento] del sud (australe), né il cielo grigio (cinerino) spaventa (impaura).
E (E…e…e – polisindeto) il pino ha un suono (suono… suono – anafora vv.47-48), e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro suono ancora, strumenti musicali diversi suonati da un infinito numero di mani (innumerevoli dita).
E (E…e…e – polisindeto) noi partecipiamo (immersi noi siam) nello spirito della natura che anima il bosco (spirto silvestre), vivendo (viventi) la stessa vita degli alberi (d'arborea vita); e il tuo volto inebriato (ebro) è bagnato (molle) di pioggia come una foglia (similitudine), e i tuoi capelli (le tue chiome) profumano (auliscono) come le luminose (chiare) ginestre (similitudine), o creatura terrestre che hai nome Ermione.
[65]Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
[65] Ascolta, ascolta (apostrofe e anafora). Il canto unisono (L'accordo) delle cicale nell’aria (aeree - latinismo) diventa (si fa) a poco a poco più smorzato (sordo - latinismo) sotto la pioggia (pianto - metafora) che aumenta (che cresce); ma vi si mescola (vi si mesce - latinismo) un canto più roco [di rane] che si leva (sale) da un punto lontano (di laggiù) nella lontana (remota) oscurità umida (umida ombra - sinestesia) [del bosco].
[Il canto diventa] più basso (sordo), più flebile (fioco), si fa più debole (s'allenta), si spegne.
Una sola nota ancora vibra (trema), si spegne, ricomincia (risorge), vibra (trema), si spegne.
Non si sente (Non s'ode) il rumore del mare (voce del mare - personificazione).
Ora si sente (s'ode) su tutto il bosco (fronda – sineddoche - la parte per il tutto) scrosciare (crosciare – termine onomatopeico) la pioggia argentata (l'argentea pioggia) che purifica (monda - latinismo), [si sente] lo scroscio (croscio – termine onomatopeico) che varia [d’intensità] a seconda della vegetazione (fronda) più o meno folta (folta…folta - anafora).
Ascolta (apostrofe).
La cicala (figlia dell'aria - perifrasi) non canta più (è muta); ma la rana (figlia del limo- perifrasi) lontana, la rana canta nella parte più oscura del bosco (nell'ombra più fonda), chissà dove, chissà dove! (anafora).
E piove sulle tue ciglia, o Ermione.
[97] Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
Ermione.
[97] Piove sulle tue ciglia nere così che sembra (sì che par) che tu stia piangendo ma di piacere; non più [di carnagione] bianca ma quasi diventata (fatta) verdeggiante (virente – latinismo indica il progressivo trascolorare verso il verde) come se fossi uscita (tu esca) dalla (par da) corteccia (scorza) [di un albero].
Tutta la vita che è in noi è fresca e profumata (aulente), il cuore è come una pesca (similitudine) non ancora colta (intatta), gli occhi sono come sorgenti d’acqua (polle) nell’erba (similitudine), i denti nelle gengive (alvèoli) sono [bianchi] come mandorle acerbe (similitudine).
E andiamo tra i cespugli (di fratta in fratta), a volte uniti (congiunti) a volte (or…or - anafora) separati (disciolti)
(e la forza/vigor primitiva/rude degli arbusti/verde ci unisce/allaccia le caviglie/malleoli e ci congiunge/intrica le ginocchia) chi sa dove, chi sa dove! (anafora)
E piove sui nostri volti silvani, piove sulle nostre mani nude, sui nostri abiti leggeri, sui pensieri puri (freschi pensieri - sinestesia) che l’anima rinnovata fa nascere sulla favola bella che ieri mi illuse, che oggi (ieri/oggi - antitesi) ti illude, o Ermione.
Riassunto del testo
- Prima strofa: La poesia racconta di una passeggiata del poeta in un giorno di pioggia nella pineta, accompagnato dalla donna amata che lui chiama Ermione. Il poeta si rivolge alla donna invitandola al silenzio, per percepire con estrema attenzione i suoni straordinari della natura. La pioggia cadendo favorisce la fusione con il paesaggio dando inizio ad una metamorfosi che porta il poeta ed Ermione, a iniziare a perdere le sembianze umane per assimilarsi alla vita vegetale, rigenerando e purificando il loro amore e i loro pensieri.
- Seconda strofa: il rumore costante della pioggia diventa come una musica che cambia di intensità in base al fatto che le gocce d’acqua vanno a colpire un fogliame più o meno rado. A questi suoni si uniscono il gracidare delle rane ed il frinire delle cicale come se tutta la natura fosse un’orchestra in cui ogni elemento naturale rappresenta un diverso strumento che le dita della pioggia suonano. La metamorfosi panica fa sì che il poeta e la donna non più umani, abbiano una vita vegetale in cui il volto e i capelli di Ermione, bagnati dalla pioggia non si distinguano più dagli altri elementi del bosco.
- Terza strofa: la pioggia aumenta, il suo crepitio aumenta e copre il canto delle cicale e delle rane, che progressivamente si indebolisce fino ad estinguersi del tutto. La pioggia pulisce le piante del bosco e rigenera l’anima del poeta e della donna.
- Quarta strofa: La pioggia scende sul volto di Ermione e sembra che stia piangendo, ma non è un pianto di dolore ma di gioia. Si sta per compiere la metamorfosi vegetale e l’aspetto della donna ora ha perso ogni sembianza umana: il viso non è più bianco ma è verdeggiante ed ella, come una ninfea, sembra uscire dalla corteccia di un albero. La metamorfosi trasforma le varie parti del corpo in forme della natura: il cuore è come una pesca non ancora colta, gli occhi sono come fonti d’acqua ed i denti sono come mandorle acerbe. Gli amanti corrono nel bosco mentre la vegetazione li circonda e li avviluppa.
Tematica
Il tema centrale è quello del panismo ovvero della fusione tra l’uomo e la natura.
La poesia narra di un uomo e una donna colti da un temporale mentre si trovano in una pineta, avvenimento che porta i due protagonisti a vivere l’esperienza della naturalizzazione panica, cioè del loro fondersi con la natura fino a perdere le sembianze umane e giungere alla trasformazione in elementi vegetali.
Panismo dannunziano
La lirica ha il suo fulcro nel sentimento mistico di unione con la natura, il panismo dannunziano, quella metamorfosi che porta alla fusione dell’io con il tutto costituito dall’indistinto naturale.
La trasformazione panica inizia al verso 20 in cui i volti silvani di cui parla d’Annunzio rappresentano i primi segni della metamorfosi in atto.
Nel processo di trasformazione la pioggia ha un ruolo importante perché purificando favorisce la rigenerazione dei protagonisti che diventano progressivamente parte del bosco, tanto che il volto ed i capelli della donna arrivano a non essere più distinguibili dagli altri elementi vegetali.
Analisi del testo
La poesia si apre con un imperativo (v.1: Taci) rivolto alla donna amata con cui d’Annunzio la invita ad ascoltare il linguaggio della natura. Non si tratta di un ordine ma è un’esortazione che il poeta ripete varie volte nel corso della lirica (v.8: ascolta; v.33: Odi?; v.40: Ascolta; v.65: Ascolta, Ascolta; v.88: Ascolta).
L’invito è di immergersi completamente nel paesaggio per riuscire a farne parte attuando la trasformazione panica. La fusione tra uomo e paesaggio viene resa dal poeta attraverso la valorizzazione del rapporto sensoriale, in particolare dell’udito con cui vengono evidenziati i suoni prodotti dal cadere dell’acqua sulle diverse varietà di vegetazione ed il verso di alcuni animali del bosco, dai vari elementi della natura scaturisce una sorta di sinfonia boschiva. Le gocciole percuotono i vari elementi naturali come se fossero strumenti musicali producendo un concerto di suoni armonici.
Il poeta fa leva anche sugli altri sensi per coinvolgere il lettore, l’elemento olfattivo viene sollecitato attraverso l’emergere di profumi ed umori dalla vegetazione umida di pioggia, le sensazioni tattili e visive trasmesse con la descrizione particolareggiata dell’ambiente in cui il poeta distingue le diverse specie di piante e arbusti, specificandone i nomi.
L’illusione dell’amore
Nella poesia La pioggia nel pineto il tema dell’amore si intreccia al tema principale del panismo.
L’amore viene visto dal poeta come utopia di alterne illusioni, in quanto vede coinvolti alternativamente, con partecipazione diversa al sentimento, prima il poeta e poi la donna.
L’amore è una bella favola (favola bella) che illude e inganna ora l’uno e ora l’altro componente della coppia, ed il poeta lo illustra attraverso la figura retorica del chiasmo:
- la favola bella / che ieri / t’illuse, che oggi m’illude - vv. 29-31
- la favola bella / che ieri / m’illuse, che oggi t’illude - vv. 125-27
Ermione
Il poeta si rivolge alla donna che lo accompagna chiamandola Ermione, nome tratto dalla mitologia greca in cui Ermione era la figlia di Menelao ed Elena.
Lo pseudonimo di Ermione, utilizzato dal poeta anche per altre liriche, nasconde l’identità di Eleonora Duse, famosa attrice teatrale dell’epoca legata sentimentalmente, per diversi anni, a Gabriele d’Annunzio.
La parodia de La pioggia nel pineto
Le poesie di d’Annunzio sono state spesso oggetto di parodia da parte di altri poeti ed anche La pioggia nel pineto è stata parodiata. Tra coloro che si sono divertiti a farne il verso spiccano:
- il futurista Luciano Folgore, che con d’Annunzio ancora in vita, compone nel 1922 La pioggia sul cappello,
- Ennio Flaiano con la Lettera d’autunno: “Piove sul sottoscritto / Sul destinatario e sul mittente / Piove sul latore della presente”,
- Eugenio Montale con la poesia Piove pubblicata nella raccolta Satura.
Analisi metrica:
La pioggia nel pineto si compone di quattro strofe di 32 versi ciascuna, di misura variabile dal ternario al novenario, con prevalenza di senari. L’ultimo verso di ogni strofa è il nome con cui il poeta si rivolge alla donna amata: Ermione.
Sono presenti vari tipi di rima:
- rima baciata, per es. odo/odo (vv.2-4);
- rima incrociata, per es. pini/irti/mirti/divini (vv.12-15);
- rima perfetta, per es. irti/mirti (vv.13-14);
- rime interne, per es. varia/aria (v.37);
Identica la rima finale di ogni strofa.
E’ una poesia molto musicale e ritmata. Tale musicalità è data da:
- un verseggiare frantumato, fatto di versi brevi e a volte brevissimi;
- riprese foniche;
- numerose figure di suono;
- la ripetizione, come se fosse un ritornello, dell’ultima parte della prima strofa (vv.20/32) nella parte conclusiva della poesia (vv.116/128), con testo identico ad eccezione dell’inversione chiastica dei due pronomi personali correlativi (t’illuse - m’illude/m’illuse - t’illude).
Il poeta usa vari artifici retorici per far percepire i suoni del bosco:
- Per riprodurre il suono del picchiettio della pioggia scompone le preposizioni articolate, sulle e sui:
- sulle viene scisso separando la preposizione su e l’articolo le = su le – es. piove su le tamerici, v.10;
- sui viene scisso separando la preposizione su e l’articolo i = su i – es. piove su i pini, v.12;
- Per riprodurre l’affievolirsi e lo spegnersi del canto delle cicale vv.75/79 – il poeta utilizza i climax, le allitterazioni e le rime contenute nei termini che compongono questi versi.
Nella poesia ci sono tantissimi enjambement.
Numerosi i vocaboli aulici e ricercati: salmastre, arse, scagliosi, irti, divini, fulgenti, accolti, aulenti, ignude, leggieri.
Figure retoriche
Approfondimento di alcune figure retoriche:
- della s: salmastre, arse (v.11)
- della p: piove sui pini (v.12)
- della c: ciel cinerino (v.45)
- della s: noi siam nello spirto / silvestre (vv. 53-54)
- della v: vita viventi (v.55)
- della r: creatura terrestre (v.62)
- della m: umida ombra remota (v.74)
- della l: del limo lontana (v.91)
- della fr e di t: di fratta in fratta (v.110)
- della v, r e d: verde vigor rude (v.112)
- immersi / noi siam nello spirto / silvestre (vv.52-53-54)
- d’arborea vita viventi (v.55)
- a poco a poco /più sordo / si fa (vv.67-68-69)
- par da scorza tu esca (v.101)
- Più sordo e più fioco / s'allenta, si spegne, (vv.75-76) – climax discendente o anticlimax;
- trema, si spegne, / risorge, trema, si spegne, (vv.78-79) – successione di climax, discendente, crescente e poi ancora discendente.
- mirti / divini, vv.14-15 - - il mirto è, nella mitologia classica, una pianta sacra a Venere; non è il mirto ad essere divino ma è Venere.
- favola bella, v.26 - l'immagine della favola come metafora della vita fatta di illusioni alterne di raggiungere la felicità e l’amore è un’immagine classica, risalente a Cicerone e Seneca;
- pianto, vv.41-43 e 69 pianto– è ricorrente l’immagine del pianto come metafora della pioggia;
- Crepitio e varia nell’aria…sotto innumerevoli dita, vv.37/51 – immagine metaforica della natura trasformata in un’immensa orchestra;
- L’accordo delle aeree cicale…risorge, trema, si spegne, vv.65/79 – prosegue l’immagine della natura che produce musica come se fosse un’orchestra.