📚 Sezione
Letteratura

Ahi lasso, or è stagion de doler tanto

Parafrasi e analisi della poesia

Canzone civile

Guittone d'Arezzo

· Pubblicato ·

Compianto per la sconfitta

Ahi lasso, or è stagion de doler tanto, celebre canzone civile di compianto ai fiorentini per la sanguinosa sconfitta subita a Montaperti (1260), in cui emerge la prospettiva municipale del guelfo Guittone d’Arezzo, il suo impegno civile, la sua passione politica e tutto il suo sarcasmo.


TESTO

PARAFRASI

[1] Ahi lasso, or è stagion de doler tanto
a ciascun om che ben ama Ragione,
ch’eo meraviglio u’ trova guerigione,
ca morto no l’ha già corrotto e pianto,
vedendo l’alta Fior sempre granata
e l’onorato antico uso romano
ch’a certo pèr, crudel forte villano,
s’avaccio ella no è ricoverata:
ché l’onorata sua ricca grandezza
e ’l pregio quasi è già tutto perito
e lo valor e ’l poder si desvia.
Oh lasso, or quale dia
fu mai tanto crudel dannaggio audito?
Deo, com’hailo sofrito,
deritto pèra e torto entr i ’n altezza ?

[1] Ahimè (Ahi lasso – lasso è dal latino lassus = stanco), questo è il momento (stagion - metafora) di soffrire (de doler) tanto per ogni (a ciascun) uomo (om - latinismo) che ama veramente (ben) la Giustizia (Ragione - personificazione), a tal punto che (ch’eoeo latinismo) mi meraviglio che trovi (u’ trova u’ sta per il latino ubi = dove) conforto (guerigione), e che (ca – latinismo da quia) la sofferenza (corrotto) e il pianto non l'abbiano già ucciso (morto no l’ha già), vedendo la nobile (l’alta) Firenze (Fior metafora e metonimia) sempre fiorente (granata – latinismo da granatam = ricca di semi) e l’antico onorato costume (uso – latinismo da usus) romano che certamente (ch’a certo) muoiono (pèr – sta per perisce - latinismo), crudeltà (crudel) assai (forte) zotica (villano – latinismo – indica lo zotico), se essa (ella = Firenze) non è soccorsa (ricoverata) in fretta (avaccio – dal provenzale viazo = presto): dato che (ché) la sua onorata e ricca grandezza e il (’l) [suo] prestigio sono (è) già quasi tutti estinti (tutto perito) e il valore e il potere (’l poder) se ne vanno (desvia – latinismo – de+via = deviare).
Ahimè (Oh lasso), in quale giorno (or quale diadia è forma provenzale e siciliana) si è mai sentita (fu mai…auditoaudito è latinismo) una sventura (dannaggio - provenzalismo) tanto crudele? [domanda retorica]
O Dio (Deo - apostrofe), come lo hai (com’hailo - anastrofe) tollerato (sofrito – dal latino subfero) [che] muoia (pèra – dal latino pereat) il diritto e l'ingiustizia (torto) trionfi (entri ’n altezza - perifrasi)? [domanda retorica]

[16] Altezza tanta êlla sfiorata Fiore
fo, mentre ver’ se stessa era leale,
che ritenea modo imperïale,
acquistando per suo alto valore
provinci’ e terre, press’o lunge, mante;
e sembrava che far volesse impero
sì como Roma già fece, e leggero
li era, c’alcun no i potea star avante.
E ciò li stava ben certo a ragione,
ché non se ne penava per pro tanto,
como per ritener giustizi’ e poso;
e poi folli amoroso
de fare ciò, si trasse avante tanto,
ch’al mondo no ha canto
u’ non sonasse il pregio del Leone.

[16] Vi fu (fo) tanta grandezza (Altezza tanta) nella (êlla = en la) decaduta (sfiorata – in antitesi con altezza) Firenze (sfiorata Fioreallitterazione e metafora) finchè (mentre ) è stata (era) leale verso se stessa, poiché (che) aveva (ritenea) un contegno (modo – latinismo da modus) imperiale, conquistando (acquistando) grazie al (per) suo alto valore numerose (mante - gallicismo) regioni (provinci’) e città (terre), vicine o lontane (press’o lungepresso è latinismo); e sembrava che volesse creare (far) un impero così () come (como) in passato (già) fece Roma, e le (li) sarebbe stato facile (leggero…era), poiché nessuno (c’alcun) le (i) poteva stare davanti (star avante avante dal latino ante).
E ciò le (li) avveniva (stava) certamente (ben certo) a buon diritto (a ragione), poiché (ché) non si dava affanno (penava) tanto (tanto – rima univoca/equivoca con tanto v.28) per [il suo] vantaggio (pro –  latinismo), quanto (como) per mantenere (ritener) giustizia e pace (giustizi’ e poso poso è latinismo); e poiché (poi) le fu (folli amorosofolli = li fo = gli fu) piacevole (amoroso) fare questo,  si spinse (si trasse) tanto avanti, che al mondo non c'è (no ha) angolo (canto – dal greco kanthos) dove (u’ – da latino ubi) non risuonasse (sonasse) il prestigio di Firenze (Leone metafora e metonimia -  il Mazzocco simbolo araldico di Firenze – è un leone che tiene con la zampa lo scudo con il giglio).

[31] Leone, lasso, or no è, ch’eo li veo
tratto l’onghie e li denti e lo valore,
e ’l gran lignaggio suo mort’a dolore,
ed en crudel pregio[n] mis’ a gran reo.
E ciò li ha fatto chi? Quelli che sono
de la schiatta gentil sua stratti e nati,
che fun per lui cresciuti e avanzati
sovra tutti altri, e collocati a bono;
e per la grande altezza ove li mise
ennantir , che ’l piagãr quasi a morte;
ma Deo di guerigion feceli dono,
ed el fe’ lor perdono;
e anche el refedier poi, ma fu forte
e perdonò lor morte:
or hanno lui e soie membre conquise.

[31] Ahimè (lasso), ora [Firenze] non è un Leone, poiché (ch’eo) lo vedo (li veo veo forma siciliana) che le sono state strappate (tratto) le unghie (onghie), e (e…e…e - polisindeto) i denti e la forza (lo valore), e la sua nobile stirpe (’l gran lignaggio suo) è stata uccisa con dolore (mort’a dolore), ed è stata messa (mis’) con grande ingiustizia (a gran reo) in una crudele prigione (en crudel pregio[n]). E chi le (li) ha fatto ciò? [domanda retorica] Quelli che sono discesi (stratti, estratti) e nati dalla sua nobile (gentil) stirpe (schiatta) e che furono (fun) grazie a lei (per lui – riferito al leone che rappresenta Firenze) resi potenti (cresciuti) e innalzati (avanzati) sopra tutti gli altri, e collocati in posizioni di prestigio (a bono); e a causa della (per la) grande altezza dove mise i suoi concittadini (li) si insuperbirono (ennantir – provenzalismo, enantir significa innalzare) a tal punto () che, la ferirono (’l piagãr = piagarono) quasi a morte; ma Dio le fece (feceli = li fece) dono della (di) guarigione ed ella (el) li perdonò (fe’ lor perdono); e ancora la (el) ferirono (refedier, dal latino re + ferire = ferire di nuovo) dopo (poi), ma [Firenze] resistette (fu forte) e risparmiò loro la vita (perdonò lor morte = non li condannò a morte): ora essi [i ghibellini] hanno conquistato (conquise) lei e i suoi domini (soie membre).

[46] Conquis’è l’alto Comun fiorentino,
e col senese in tal modo ha cangiato,
che tutta l’onta e ’l danno che dato
li ha sempre, como sa ciascun latino,
li rende, e i tolle il pro e l’onor tutto:
ché Montalcino av’abattuto a forza,
Montepulciano miso en sua forza,
e de Maremma ha la cervia e ’l frutto;
Sangimignan, Pog[g]iboniz’ e Colle
e Volterra e ’l paiese a suo tene;
e la campana, le ’nsegne e li arnesi
e li onor tutti presi
ave con ciò che seco avea di bene.
E tutto ciò li avene
per quella schiatta che più ch’altra è folle.

 

[46] Il prestigioso (l’alto) Comune di Firenze è stato conquistato e in tal modo si è scambiato (cangiato - provenzalismo) con il (col) senese, dato che (che) [questi] gli rende (li rendeantitesi con i tolle) tutta la vergogna (onta) e le sconfitte (danno) che [Firenze] gli (li) ha inflitto sempre, come sa ogni  (ciascun)  italiano (latino - sineddoche), e gli toglie (i tolle – latinismo – antitesi con li rende) tutto il potere (pro – latinismo) e l'onore: infatti (ché) [Siena] ha (av’ – forma siciliana ripetuta al v.58) abbattuto con la (a) forza [le mura di] Montalcino, sottomesso (miso en sua forza = ha ridotto in suo potere) Montepulciano, e (e…e…e - polisindeto) ha la cerva (cerviametonimia sta per lo stemma di Cervia e indica il tributo di vassallaggio pagato a Firenze dagli Aldobrandeschi) e la rendita (’l frutto - metafora) della Maremma; [Siena] considera come suoi (a suo tene = tiene per proprio – tene è latinismo) San Gimignano, Poggibonsi, Colle [Val d'Elsa] e Volterra e il suo contado (’l paiese - latinismo); e Siena ha (ave - latinismo) preso tutto (tutti presi) la campana (campana - simbolo è la martinella, la campana di guerra), le insegne e le armi (li arnesi metonimia) e gli arredi (li onormetonimia), insieme a (seco - latinismo) ciò (con ciò) che c’era (avea - impersonale) di buono (di bene).
E tutto ciò gli (li – riferito a Firenze) accade (avene – latinismo) per quella parte del suo popolo [i Ghibellini] (schiatta – provenzalismo che significa famiglia) che più di ogni altra (più ch’altra) è malvagia (folle - latinismo).

[61] Foll’è chi fugge il suo prode e cher danno,
e l’onor suo fa che vergogna i torna,
e di bona libertà, ove soggiorna
a gran piacer, s’aduce a suo gran danno
sotto signoria fella e malvagia,
e suo signor fa suo grand’ enemico.
A voi che siete ora in Fiorenza dico,
che ciò ch’è divenuto, par, v’adagia;
e poi che li Alamanni in casa avete,
servite i bene, e faitevo mostrare
le spade lor, con che v’han fesso i visi,
padri e figliuoli aucisi;
e piacemi che lor dobiate dare,
perch’ebber en ciò fare
fatica assai, de vostre gran monete.

 

[61] È folle chi fugge il proprio vantaggio (prode – latinismo da prodest) e cerca (cher - francesismo) il danno, e fa in modo che (fa che) il suo onore (antitesi con vergogna) diventi (i torna) vergogna, e dalla (di) buona (bona) libertà, nella quale (ove) vive (soggiorna - metafora) con (a) gran piacere, si riduce (s’aduce - latinismo) con suo grave danno sotto un’autorità (signoria) traditrice (fella - provenzalismo) e malvagia, e fa del suo maggior nemico (suo grand’ enemico - latinismo) il suo signore (signor - antitesi con enemico).
A voi che siete ora in Firenze (siete ora in Fiorenza – si rivolge ai ghibellini) dico, che ciò che è successo (ch’è divenuto), a quanto sembra (par), vi piace (v’adagia - provenzalismo); e dato che (poi che) avete in casa i tedeschi (li Alamanni), serviteli (servite i) bene e fatevi (faitevo) mostrare le loro spade, con cui (con che) vi hanno ferito (v’han fesso – latinismo) il viso, [e] ucciso (aucisi) padri e figli; e mi fa piacere (piacemi) che dobbiate dare loro (lor dobiate dare) molto del vostro denaro (de vostre gran monete), poiché fecero molta fatica nel fare ciò (ebber en ciò fare fatica assai).

[76] Monete mante e gran gioi’ presentate
ai Conti e a li Uberti e alli altri tutti
ch’a tanto grande onor v’hano condutti,
che miso v’hano Sena in podestate;
Pistoia e Colle e Volterra fanno ora
guardar vostre castella a loro spese;
e ’l Conte Rosso ha Maremma e ’l paiese,
Montalcin sta sigur senza le mura;
de Ripafratta temor ha ’l pisano,
e ’l perogin che ’l lago no i tolliate,
e Roma vol con voi far compagnia.
Onor e segnoria
adunque par e che ben tutto abbiate:
ciò che desïavate
potete far, cioè re del toscano.

 

[76] Monete in abbondanza (mante) e (e…e…e - polisindeto) molti gioielli (gran gioi’) offrite (presentate) ai Conti (antonomasia – il solo titolo nobiliare designa i Conti Guidi) e agli (a li) Uberti e a tutti gli altri [Ghibellini] che vi hanno condotto (condutti - latinismo) a un tale onore, che hanno (v’hano) messo (miso - latinismo) Siena in vostro potere (in podestate - latinismo); Pistoia e  (e…e…e - polisindeto) Colle Val d'Elsa e Volterra ora fanno sorvegliare (guardar) le vostre fortezze (castella) a loro spese; e il Conte Aldobrandino (’l Conte Rosso) ha il territorio della Maremma (Maremma e ’l paiese), Montalcino sta al sicuro (sta sigur) senza le mura; i Pisani (’l pisano sineddoche - singolare al posto del plurale) hanno timore (temor - latinismo) per (de) Ripafratta e i Perugini (’l perogin sineddoche - singolare al posto del plurale) [temono] che togliate loro (no i = non gli) il lago [Trasimeno], e Roma vuole (vol) allearsi (far compagnia) con voi.
Sembra dunque che abbiate onore e potere (segnoria), e ogni altro bene (ben tutto): potete fare ciò che desideravate (desïavate), ovvero farvi signori di tutti i toscani (re del toscano sineddoche - singolare al posto del plurale).

[91] Baron lombardi e romani e pugliesi
e toschi e romagnuoli e marchigiani,
Fiorenza, fior che sempre rinovella,
a sua corte v’apella,
che fare vol de sé rei dei Toscani,
dapoi che li Alamani
ave conquisi per forza e i Senesi.

 

[91] Signori (Baron) del Nord (lombardi) e (e…e…e - polisindeto) romani e del Sud (pugliesi) e toscani (toschi) e romagnoli e marchigiani, Firenze, fiore (fiormetafora e metonimia) che sempre rinasce (rinovella), vi chiama (v’apella - latinismo) alla sua corte, poiché (che) vuole proclamarsi (fare vol de sé) regina (rei - re) dei Toscani, dal momento che (dapoi che) ha (ave latinismo) conquistato (conquisi) con la (per) forza i Tedeschi (li Alamani) e i Senesi.


Tematica

Il tema del componimento Ahi lasso, or è stagion de doler tanto è incentrato sulla sconfitta subita dai fiorentini guelfi il 4 settembre 1260 a Montaperti, battuti dagli esuli ghibellini di Siena alleati con le truppe tedesche di Manfredi. Sconfitta vista come un vero e proprio disastro che toglie ai fiorentini la loro libertà.



Riassunto del testo della poesia

  • Prima strofa: il poeta esprime il dolore per la situazione di Firenze dopo la sconfitta di Montaperti e si meraviglia che, chiunque ami la giustizia, possa sopravvivere ad una così grande sventura. La potente Firenze, erede della grandezza romana (l’onorata antica tradizione romana, v.6 - secondo alcune leggende, Firenze poteva vantare origini romane), perirà miseramente se non si cerca subito di restituirle il suo splendore;
  • Seconda strofa: vi è il ricordo della passata grandezza di Firenze che si estendeva ampiamente per regioni e province e ciò, afferma Guittone, le era dovuto perché essa non si espandeva per un proprio vantaggio ma per assicurare la pace e la giustizia. La città di Firenze era così potente che in ogni luogo risuonava la lode della sua gloria.
  • Terza strofa: si sviluppa attorno ad una complessa ed estesa metafora di Firenze vista come un leone prostrato e reso inoffensivo e di ciò sono da condannare i ghibellini che hanno ricambiato i benefici ricevuti da Firenze, con la rovina della loro città natale.
  • Quarta strofa: Guittone rievoca la vergogna subita e delinea ulteriormente il decadimento di Firenze, mostrando la soggezione politica a cui è stata ridotta la città da parte della rivale Siena. Si sono scambiate le parti e l’onta e il danno che Firenze ha sempre inferto a Siena vengono da questa rese ora a Firenze.
  • Quinta strofa: Guittone accusa i ghibellini fiorentini di aver venduto Firenze ai nemici per miseri ed effimeri vantaggi personali:
    • Vv.61-66 il poeta fa riferimento ai ghibellini di Firenze che hanno preferito mettere la propria città nelle mani dei soldati tedeschi di re Manfredi e dei senesi piuttosto che accettare la sua condizione di libertà e facendo ciò hanno ottenuto una vittoria che li disonora, alleandosi con i propri nemici;
    • Vv.67-75 il poeta con ironia e sarcasmo feroce sottolinea che le truppe mercenarie (i tedeschi), entrate in Firenze dopo la rotta di Montaperti, sono state anche ricompensate lautamente dai capi ghibellini, per la fatica sostenuta nell’uccidere e ferire i loro stessi concittadini.
  • Sesta strofa: il poeta esprime il suo sdegno attraverso il capovolgimento della realtà (con significato antifrastico), ovvero la situazione di debolezza e di sconfitta di Firenze viene presentata come positiva:
    • Vv.76-79 – Il poeta afferma che i ghibellini, tra cui i Conti Guidi (così noti in Toscana che egli può designarli con il solo titolo nobiliare di Conti) e Uberti, che hanno messo Firenze nella condizione attuale, vadano lautamente premiati;
    • Vv.80-81-82 – Il fatto che i castelli di Pistoia, Colle e Volterra siano staticonquistati dal nemico solleva Firenze dalle spese per il loro mantenimento, ora è l’avversario che deve custodirle a proprie spese e quindi gratis per i fiorentini. Anche qui è chiaro il significato antifrastico;
    • V.83-90 – Ironia massima in questi versi dove il poeta cita come se fossero vere situazioni che non son tali:
      • La maremma è in mano al Conte Rosso;
      • Montalcino è rimasta al sicuro nonostante non abbia più le sue mura, abbattute dai senesi;
      • tutti temono la potenza di Firenze (Pisa e Perugia) e Roma vuol essere sua alleata.
      •  Firenze può aspirare al governo di tutta la Toscana.
  • La conclusione è la strofa del congedo, dove Guittone insiste con l’ironia e il sarcasmo: il poeta invita tutti i potenti d’Italia ad assistere al trionfo di Firenze sui tedeschi e senesi, qui ironicamente indicati come sconfitti (antifrasi) e a proclamare la sua supremazia sulla Toscana. L’ironia ha una vena amara ed allude alla facilità con cui chiunque in questo momento potrebbe approfittare della follia politica dei fiorentini per sottrarre a Firenze la sua potenza e le sue ricchezze.


Struttura

La struttura della canzone Ahi lasso, or è stagion de doler tanto è bipartita, divisa in due parti molto differenti per toni, immagini e contenuti:

  • La prima parte (vv. 1-45) è relativa alle prime tre strofe:
    • Le prime due stanze si basano su riflessioni etico-politiche espresse con i toni appassionati del compianto provenzale (planh);
    • la terza rievoca la gloria passata di Firenze e le ragioni della decadenza. Il passato glorioso di Firenze viene innalzato ad una dimensione mitica attraverso il ricorso ai simboli rappresentativi della città del Fiore e del Leone.
  • La seconda parte (vv. 46-97) inizia con la strofa IV e comprende anche il congedo. Riguarda la realtà storica contingente della Firenze sconfitta, documentata con dati concreti, i toni sono più descrittivi, sarcastici e lo stile solenne e sentenzioso. Lo sdegno dell’autore viene ben rappresentato attraverso il ricorso all’ironia.



Analisi del testo

Ahi lasso, or e’ stagion de doler tanto, è la lirica più famosa del gruppo delle rime etico-politiche.
Guittone si ispira all’esempio del sirventese ed anche del planh (compianto) provenzale (soprattutto nella prima strofa) e crea il genere della poesia civile italiana, di cui, successivamente, Dante e Petrarca saranno i migliori interpreti.


Le varie strofe si differenziano come tipologia:

  • La prima strofa è un lamento;
  • La seconda strofa esprime nostalgia e rimpianto;
  • La terza strofa esprime compassione e sdegno;
  • La quarta, è la strofa di biasimo nei confronti dei ghibellini;
  • la quinta strofa è all’insegna dell’invettiva e dell’ironia nei confronti dei Ghibellini;
  • la sesta strofa è dominata dalla feroce ironia di Guittone condotta attraverso un linguaggio antifrastico. Infatti, il testo ha un significato nettamente contrario rispetto a quello che afferma (antifrastico) e vede la realtà politica di Firenze rovesciata, degna di onore e con Siena in suo potere mentre è esattamente il contrario: Firenze è in una condizione vergognosa e sottomessa a Siena.
  • La conclusione è la strofa del commiato/congedo, sembra quasi un proclama e Guittone insiste con i toni ironici e sarcastici.  


Gli avvenimenti storici

Ahi lasso, or è stagion de doler tanto è una canzone (compianto-lamento) scritta, come già ricordato, in seguito ad un avvenimento storico: la sconfitta subita dai Guelfi fiorentini nella battaglia di Montaperti del 1260 per mano dei fuoriusciti ghibellini, alleati, sotto la guida di Farinata degli Uberti, con i senesi e con Manfredi, figlio di Federico II.

Guittone, fervente sostenitore della parte guelfa, rievoca i fatti dal punto di vista dei vinti, con grande passione politica, enfasi, sdegno e acredine.

Gli avvenimenti di cronaca vengono citati nella terza stanza in cui Guittone fa riferimento ai fatti storici precedenti alla sconfitta di Montaperti:

  • Al verso 40 rievoca la prima sconfitta dei guelfi che avevano tentato di rioccupare Firenze nel 1248 e la loro cacciata dalla città;
  • Ai vv. 41 e 42 cita la fragile pace tra guelfi e ghibellini stipulata nel 1251 dopo la morte di Federico II;
  • Al v. 43 ricorda una nuova congiura ghibellina organizzata nel 1258;
  • Al v. 45 racconta infine, la sconfitta di Montaperti che ha decimato le più prestigiose famiglie fiorentine.

Nella quarta stanza il riferimento storico è alle conseguenze della sconfitta, parla di Siena che a Montaperti aveva combattuto a fianco dei fuoriusciti ghibellini di Firenze e dalla vittoria aveva tratto vantaggi in termini di conquista di città e territori che erano stati di Firenze, come Montalcino che, a lungo contesa, era stata infine assegnata a Siena con il trattato del 25 novembre 1260.
Il poeta, al fine di trasferire nei lettori la propria indignazione, illustra il decadimento e l’umiliazione di Firenze anche attraverso la perdita di elementi simbolici del suo potere:

  • La cervia (il tributo simbolico pagato a Firenze dai signori di Maremma, gli Aldobrandeschi);
  • La campana (è la Martinella che dava in guerra gli ordini militari);
  • Il carroccio;
  • la bandiera.



Analisi metrica

Ahi lasso, or è stagion de doler tanto  è una canzone di:

  • sei strofe di quindici versi ciascuna di endecasillabi e settenari (indicati con la lettera minuscola nello schema delle rime)
  • e un congedo, a chiusura del componimento.

Nelle singole strofe i versi sono distribuiti in:

  • Fronte (prima parte della strofa) bipartita: 2 piedi simmetrici;
  • Chiave (verso di concatenazione tra Fronte e Sirma);
  • Sirma (seconda parte della strofa): 2 volte in terzine.

Tutte le strofe, tolta l’ultima, il congedo, sono collegate tra loro attraverso capfinidas (ripresa nel verso del termine che chiude la strofa che precede):

  • la prima strofa termina con il termine altezza e la seconda inizia con altezza.
  • La seconda strofa finisce con leone e la terza inizia con leone.
  • La terza strofa finisce con conquise e la quarta inizia con conquis’è.
  • La quinta strofa finisce con folle e la sesta inizia con foll’è.
  • La sesta strofa finisce con monete e la settima inizia con monete.

Linguaggio solenne, ricercato nella retorica, difficile e alto stilisticamente, attraverso cui Guittone esprime la sua passione, il profondo sdegno e il forte risentimento morale.


Numerosi gli artifici retorici e l’uso di sinonimi (per es.: corrotto e pianto, v.4; grandezza e ‘l pregio, vv.9-10; valor e ‘l poter, v. 11; giustizi’ e poso, v.26; ecc.).


Diffuso l’impiego di ironia e sarcasmo, attraverso un linguaggio antifrastico, sui quali si strutturano le ultime due strofe e il congedo.



Rime

Le rime seguono lo schema: ABBA CDDC EFGgFfE . Il congedo ripete la sirma (EFGgFfE).


I settenari (indicati con la lettera minuscola nello schema delle rime) sono in rima baciata con l’endecasillabo che li precede (es.: dia/desvia, vv.12-11 - audito/sofrito, vv.14-13; amoroso/poso, vv.27-26 – canto/tanto, vv.29-28; ecc.).


Si distinguono inoltre:

  • Rime ricche (nella terminazione identità dei fonemi che precedono la vocale accentata), numerose soprattutto nella parte iniziale della canzone: ragione/guerigione, vv.2-3; valore/dolore vv.32-33; dono/perdono, vv.41-42; fiorentino/latino, vv.46 e 49;
  • Rime equivoche (riferite a vocaboli identici ma che hanno significati diversi): tanto/tanto, vv.25 e 28; a morte/morte, vv.40 e 44; forza/forza, vv.51 e 52; danno/danno, vv.61 e 64;
  • Rime univoche (cioè con parole-rima identiche), oltre alle equivoche ci sono: tanto, vv. 1, 25 e 28; ragione / a ragione, vv.2 e 24; valore, vv. 19 e 32;
  • Rime siciliane/imperfette: ora/mura, vv.80 e 83.

La ricchezza di rime, non solo all’interno della medesima strofa ma talvolta tra diverse strofe, dà coesione all’intero componimento e spicco ad alcuni termini-chiave.



Figure retoriche

Approfondimento di alcune figure retoriche:

Anastrofe

  • ca morto no l’ha già corrotto e pianto, v.4
  • fu mai tanto crudel dannaggio audito, v.13
  • …hailo…, v.14
  • Altezza tanta êlla sfiorata Fiore / fo, mentre ver’ se stessa era leale, vv.16-17
  • e sembrava che far volesse impero, v.21
  • …e leggero / li era…, vv.22-23
  • …folli…, v.27
  • E ciò li ha fatto chi…, v.35
  • Quelli che sono / de la schiatta gentil sua stratti e nati, vv.35-36
  • ma Deo di guerigion feceli dono, v.41
  • Conquis’è l’alto Comun fiorentino, v.46
  • Foll’è chi fugge il suo prode e cher danno, / e l’onor suo fa che vergogna i torna, vv.61-62
  • A voi che siete ora in Fiorenza dico, v.67
  • …li Alamanni in casa avete, / servite i bene, vv.69-70
  • padri e figliuoli aucisi, v.72
  • …che lor dobiate dare, v.73
  • perch’ebber en ciò fare / fatica assai, vv.74-75
  • ch’a tanto grande onor v’hano condutti, v.78
  • che miso v’hano Sena in podestate, v.79
  • de Ripafratta temor ha ’l pisano, v.84
  • adunque par e che ben tutto abbiate, v.88
  • ciò che desïavate / potete far…, vv.89-90
  • a sua corte v’apella, v.94
  • che fare vol de sé rei dei Toscani, v.95
  • dapoi che li Alamani / ave conquisi per forza e i Senesi, vv.95-96

Antitesi

  • deritto pèra e torto entr i ’n altezza, v.15
  • Altezza tanta êlla sfiorata Fiore, v.16
  • li rende, e i tolle…, v.50
  • e l’onor suo fa che vergogna i torna, v.62

Chiasmo

  • …tutta l’onta e ’l danno… /… li rende, e i tolle il pro e l’onor tutto, vv.48 e 50:  
    • complemento oggetto (l’onta e ’l danno) + predicato verbale (li rende)
    • predicato verbale (i tolle) + complemento oggetto (il pro e l’onor)

    Questo chiasmo include un altro chiasmo anche con gli aggettivi indefiniti tutta e tutto:

    • aggettivo indefinito (tutta) + complemento oggetto (l’onta e ’l danno)
    • complemento oggetto (il pro e l’onor) + aggettivo indefinito (tutto).
  • Foll’è chi fugge il suo prode e cher danno, / e l’onor suo fa che vergogna i torna, vv.61-62:
    • predicati verbali (fugge e cher) + complementi oggetto (suo prode e danno)
    • complementi oggetto (onor e vergogna) + predicati verbali (fa e torna)
  • …s’aduce a suo gran danno /…e suo signor fa…, vv.64-66:
    • predicato verbale (s’aduce) + complemento oggetto (a suo gran danno)
    • complemento oggetto (suo signor) + predicato verbale (fa)
  • Monete mante e gran gioi’…, v.75:
    • nome (monete) + aggettivo (mante)
    • aggettivo (gran) + nome (gioi’)

Iperbole

  • ca morto no l’ha già corrotto e pianto, v.4
  • grandezza / e ’l pregio quasi è già tutto perito, vv.9-100
  • fu mai tanto crudel dannaggio audito, v.13
  • ritenea modo imperïale, v.18
  • che ’l piagãr quasi a morte, v.40

Metafora

  • …or è stagion de dolor…, v.1 – stagione per dire che è il momento del dolore;
  • …l’alta Fior…, v. 5 – fiore che ha le qualità della bellezza, della grazia, di gioia, ecc. indica Firenze. Metafora ripresa anche nei versi successivi: vedi v.16 e v.93;
  • …Leone…, v.30 e seguenti – si riferisce alla grandezza, al coraggio di un animale per definire Firenze;
  • …l’ frutto…, v.53 – si riferisce alla ricchezza;

Metonimia

  • …l’alta Fior…, v.5 – Fior sta per giglio, quindi il simbolo di Firenze è utilizzato per indicare tutta la città. Notare che l’aggettivo abbinato (alta) è al femminile perché riferito a città e non a fior. Metonimia ripresa anche nei versi successivi: vedi v.16 e v.93;
  • …Leone…, v.30 – come per Fior Guittone utilizza un simbolo, in questo caso il simbolo del leone, per indicare Firenze;
  • ha la cervia…, v. 53 – la cerva era il simbolo del tributo di vassallaggio pagato a Firenze dagli Aldobrandeschi, signori della contea di Santafiora in Maremma;
  • …li arnesi, v. 56 – indica gli utensili in ferro, quindi fa riferimento al materiale di cui è composto per indicare l’oggetto;
  • …li onor…, v.57 – fa riferimento ad un concetto astratto per indicare una cosa concreta;

Perifrasi

  • entr i ’n altezza, v.15;
  • Quelli che sono / de la schiatta gentil sua stratti e nati, / che fun per lui cresciuti e avanzati / sovra tutti altri, e collocati a bono, vv.35/38 – lunga perifrasi per designare i ghibellini;

Polisindeto

  • vv.32, 54-55, 56-57, 77, 80, 91-92.







Versione in PDF

icona pdf


Seguici sui social





VEDI ANCHE:

Olio su tela di Guercino raffigurante Erminia tra i pastori

"Ermina tra i pastori" di Torquato Tasso

parafrasi e analisi del famoso passo della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, che descrive la parentesi idilliaca in cui Erminia in fuga trova consolazione immersa in un paesaggio naturale incantato (locus amenus)...


Beatrice e Dante - miniatura del sec. XIV

Canto primo del Paradiso vv. 85 - 142 - Dante Alighieri

parafrasi e analisi del primo canto del Paradiso di Dante: Beatrice, con l’atteggiamento di una madre amorevole verso il figlio, dolcemente chiarisce i dubbi di Dante....


Il viaggiatore sopra il mare di nebbia - dipinto di Caspar David Friedrich

Giacomo Leopardi: Dialogo della natura e di un islandese

riassunto della più famosa delle Operette Morali di Giacomo Leopardi incentrata sul rapporto tra uomo e natura ed in cui si delinea per la prima volta l'idea del pessimismo cosmico, disillusa e tragica visione della vita...


Rappresentazione teatrale dell'uomo dal fiore in bicca di Lavia

Luigi Pirandello: L'uomo dal fiore in bocca

riassunto della famosa novella di Luigi Pirandello che mette a fuoco il dramma dell'uomo di fronte alla morte. Il protagonista si interroga sulla vita e sulla morte facendo emergere il tema, caro a Pirandello, dell'incomunicabilità e della relatività del reale...


Il fu Mattia Pascal - copertina del libro

Luigi Pirandello: Fu Mattia Pascal

riassunto del capolavoro di Luigi Pirandello sulla crisi di identità dell'uomo contemporaneo, prigioniero della maschera che la società gli attribuisce. Il protagonista muore e rinasce tre volte come Mattia Pascal, Adriano Meis e Fu Mattia Pascal...


Konrad Lorenz con l'ochetta Martina

Konrad Lorenz: L'ochetta Martina

riassunto e analisi di uno dei più famosi racconti di Konrad Lorenz, famoso etologo, tratto dalla sua opera: L'anello di Re Salomone. L'ochetta selvatica Martina diventa parte della famiglia e identifica Lorenz con la propria mamma...


La figlia di Iorio, quadro a tempera di Francesco Paolo Michetti del 1895

Gabriele D’Annunzio: La figlia di Iorio

riassunto e analisi della tragedia pastorale in versi che racconta la storia di Mila di Codro, figlia del mago Iorio, e il suo amore impossibile per il pastore Aligi, già destinato al matrimonio con Vienda di Giave....