Proemio-epilogo
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono è la prima lirica del Canzoniere, Petrarca ha voluto assegnarle la funzione di proemio anche se venne composta abbastanza tardi rispetto alle altre liriche della raccolta, probabilmente intorno al 1350 e sicuramente dopo la morte di Laura (1348).
Il motivo per cui Petrarca le assegna una funzione introduttiva risiede nel fatto che racconta il superamento e il rinnegamento dell’errore della passione amorosa, oggetto della raccolta; contiene in sostanza la conclusione ideologica del Canzoniere: l’esperienza amorosa è superata nella prospettiva cristiana che porta al pentimento e alla coscienza della brevità e illusorietà di ciò che è terreno. Si tratta dunque di un proemio che diventa epilogo.
TESTO
PARAFRASI
[1] Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
[1] O voi (apostrofe) che ascoltate in [queste] poesie (rime – metonimia) sparse l’espressione (suono - paronomasia con sono e sogno) di quei sospiri [d'amore] (metafora) di cui io (ond’io) nutrivo (metafora) il cuore (core - latinismo) durante (in sul) la mia prima giovanile illusione (errore), quando ero in parte un uomo diverso (altr’uom) da quello che sono [oggi] (era … sono - antitesi),
[5] del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
[5] ovunque (ove) vi sia qualcuno che (sia chi) per esperienza (per prova) comprenda (intenda) [l']amore, spero [di] trovare pietà e perdono per lo stile mutevole (vario) in cui io (in ch’io) piango e ragiono, fra le inutili (vane – anafora con van) speranze e l’inutile (van) dolore.
[9] Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
[9] Ma ora vedo (veggio - latinismo) bene come (sì come – sì = così) per molto tempo (gran tempo) fui per tutta la gente (popol tutto) oggetto di diceria (favola), per cui (onde) spesso (sovente) mi vergogno con me stesso (di me medesmo meco mi vergogno);
[12] et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
[12] e (et…e…e - polisindeto) il risultato (’l frutto) del mio vaneggiare è la vergogna e il pentirsi (’l pentersi) e il capire (’l conoscer) chiaramente che tutto ciò che (piace) piace nel (al) mondo è un’illusione (sogno) fugace (breve).
Riassunto
Prima quartina (vv.1-4) – Il poeta si rivolge ai lettori presentando la sua opera poetica come prodotto di una prolungata illusione d’amore, un peccato di gioventù, quando egli era un altro uomo rispetto a ciò che è diventato;
Seconda quartina (vv.5-8) – chiede a coloro che hanno vissuto esperienze amorose di avere pietà per il dolore provato e perdono per le illusioni di cui si è nutrito, materia trattata con varietà di stili (vario stile) in base al mutevole stato d’animo;
Prima terzina (vv.9-11) – consapevole delle chiacchiere e delle dicerie che ha suscitato in passato tra la gente per il suo innamoramento che lo ha reso ridicolo, ora si vergogna di se stesso e della propria illusione amorosa;
Seconda terzina (vv.12-14) –pentito ora capisce perfettamente quanto illusorie siano le passioni terrene.
Analisi del testo della poesia
L’argomento principale su cui si sviluppa il sonetto è una sorta di bilancio della esperienza amorosa del poeta, adesso considerata un errore in quanto illusoria, e di cui egli chiede perdono.
E’ la storia del cambiamento del poeta in un percorso che va:
- da un amore nutrito per ammissione del poeta da vane speranze e van dolore,
- al conseguente senso di vergogna per aver subito questa schiavitù amorosa,
- fino al pentimento e all’affermazione della vanità delle cose mondane.
Nel sonetto si contrappongono pertanto:
- il passato, passato cortese in cui il poeta è stato completamente assorbito dalla passione,
- il presente di pentimento in prospettiva cristiana basato su nuovi valori.
Questa opposizione tra passato e presente emerge anche dalla compresenza di:
- Riferimenti a elementi tradizionali della poesia cortese e stilnovistica, per es.: il coinvolgimento del lettore, il rimando a un pubblico di anime elette capaci di amare (v.7), la terminologia relativa alla materia amorosa (sospiri, core, piango et ragiono, speranze e dolore, amore). Richiami presenti esclusivamente nelle quartine.
- Riferimenti alla prospettiva cristiana: il richiamo alla conversione, al cambiamento (quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, v.4), il rimando alla vergogna, il motivo dell’illusorietà delle cose terrene (vane speranze e van dolore, v.6), il pentimento (‘l pentersi), la richiesta di perdono.
Questi elementi si scontrano e interferiscono tra loro fino al superamento dei valori cortesi a favore di quelli cristiani nel verso finale in cui il poeta rivela la verità scoperta nel proprio intimo in base alle sue esperienze di vita, della fugacità e caducità della vita terrena, motivo che acquista valore universale.
Struttura della poesia
Il sonetto Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono ha una struttura bipartita:
- La parte delle due quartine: le due quartine sono unite in un unico ampio periodo, caratterizzate da un anacoluto: la lirica inizia alla seconda persona plurale (Voi ch’ascoltate) per proseguire alla prima persona singolare ([io] spero trovar pietà). Questo artificio retorico serve per dare risalto all’invocazione rivolta dal poeta al lettore con la richiesta di pietà e perdono, inoltre le quartine insistono sul concetto dell’illusione d’amore, il giovenile errore, inteso come smarrimento amoroso.
- La parte delle due terzine: le due terzine si basano invece sulla disillusione e sul superamento dei valori cortesi a favore di quelli cristiani. Vi è un volgersi del poeta su se stesso, sul pentimento, il senso di vergogna e il nuovo giudizio sull’amore, approfondito e portato a conclusione nell’ultima terzina.
Gli interlocutori del poeta
Con l’apostrofe iniziale (Voi, v.1) Petrarca sembra che voglia rivolgersi ad un pubblico indistinto, all’umanità intera, ma al verso 7 il poeta indica precisamente a chi si rivolge: chi per prova intenda amore, ovvero a coloro che, come il poeta, abbia fatto diretta esperienza d’amore. Sono loro gli interlocutori ideali a cui Petrarca parla e dai quali spera di ottenere pietà e perdono.
Petrarca chiede al suo pubblico di essere perdonato per tre motivi:
- La vana illusione amorosa che ha caratterizzato la sua vita passata,
- La varietà dello stile condizionato dal suo stato d’animo ora angosciato, ora felice;
- La frammentarietà della sua produzione poetica.
Canzoniere
Il Canzoniere è una raccolta di 366 componimenti poetici composti da Petrarca in tutto l’arco della sua esistenza: sonetti, canzoni, sestine, ballate e madrigali.
E’ un’opera in italiano volgare i cui componimenti sono quasi tutti dedicati all’amore per Laura.
Si possono distinguere:
- Liriche composte quando Laura era ancora in vita;
- Liriche composte dopo la morte di Laura.
L’amore che viene raccontato nel Canzoniere è un amore infelice, Laura è l’immagine costante di un desiderio che non è possibile colmare.
Tematiche
Il sonetto si basa sulla contrapposizione tra un passato dedicato all’illusione amorosa (giovanile errore) ed il presente di ravvedimento, in cui i valori cortesi sono stati superati a favore di quelli cristiani.
Richiami letterari
- v.5 piango et ragiono, ricorda Dante, Inferno, l’incontro tra Francesca e il conte Ugolino: Francesca dice: come colui che piange e dice e il conte Ugolino: parlar e lagrimar vedrai insieme;
- v.7 - ove sia chi per prova intenda amore, chiaro riferimento al sonetto di Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare, al v.11: intender no la può chi no la prova.
- v.10-11 - favola fui gran tempo, onde sovente / di me medesmo meco mi vergogno, desunto da Orazio, Epodi – XI, 7-8: Ohimè quanto sono stato chiacchierato per la città, infatti mi vergogno di così grave danno. Questo concetto è presente anche nella lirica: Solo e pensoso.
- v.14 - quanto piace al mondo è breve sogno, rimanda al passo della Bibbia, Ecclesiaste I, 2, sulla vanità delle cose umane – vanitas vanitatum et omnia vanitas (vanità delle vanità! Tutto è vanità).
Analisi metrica
Sonetto di 14 versi endecasillabi, ripartiti in 4 strofe con schema: rima ABBA (rima incrociata) nelle quartine, CDE (rima replicata) nelle terzine.
Ad eccezione dei tre enjambements (vv.1-2, 9-10 e 10-11) ognuno dei versi può rimanere a sé.
Figure retoriche
Approfondimento di alcune figure retoriche:
Allitterazioni sono molto numerose:
- Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono / di quei sospiri ond’io nudriva, vv.1/2 – in s ri sp;
- del vario stile in ch’io piango et ragiono / fra le vane speranze e ’l van dolore, / ove sia chi per prova intenda amore, / spero trovar pietà, nonché perdono, vv.5/8 – in va var van;
- favola fui, v.10 – in f;
- di me medesmo meco mi vergogno, v.11 – in m;
- …vaneggiar vergogna…, v.12 – in v;
- …conoscer chiaramente / che…, vv.13-14 – in c;
- Ma ben veggio or sì come al popol tutto / favola fui gran tempo, vv.9/10;
- et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto, v.12;
- che quanto piace al mondo è breve sogno, v.15.
- … piango et ragiono / fra le vane speranze e ’l van dolore, vv.5/6 – a piango corrisponde dolore e a ragiono corrisponde speranze.
- …rime…, v.1 - la parte per il tutto, rime per dire poesie, strofe.
- … suono…sono…sogno, vv.1, 4 e 14 – termini con significati diversi ma che si richiamano perché hanno un suono simile.
- et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto, / e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente, vv.12-13 – il polisindeto et…e…e rallenta il discorso e accompagna la lenta chiusa del sonetto.