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Padre del ciel, dopo i perduti giorni

Parafrasi e analisi della poesia

(Canzoniere - Sonetto LXII)

Francesco Petrarca

· Pubblicato · Aggiornato ·

TESTO

PARAFRASI

[1] Padre del ciel, dopo i perduti giorni,
dopo le notti vaneggiando spese,
con quel fero desio ch’al cor s’accese,
mirando gli atti per mio mal sì adorni,

[1] Signore (Padre del ciel - apostrofe), dopo (dopo… dopo - anafora) i giorni sprecati (perduti), dopo le notti spese in vani sogni (vaneggiando), con [addosso] quella bruciante passione (fero desio perifrasi per dire amore) che mi si accese nel cuore (ch’al cor s’accese), rimirando (mirando) i suoi gesti (atti – i gesti di Laura), per mia disgrazia (mio mal) così seducenti (sì adorni),

[5] piacciati omai col tuo lume ch’io torni
ad altra vita et a più belle imprese,
ch’avendo le reti indarno tese,
il mio duro adversario se ne scorni.

[5] fa in modo che (piacciati) ormai (omai – dopo aver sciupato tanto tempo) con l’aiuto della grazia (col tuo lume metafora) io torni a condurre un vita diversa e a compiere azioni più degne (ad altra vita et a più belle imprese - parallelismo), così che il mio crudele avversario (mio duro adversariometafora), avendo invano teso le sue trappole (ch’avendo le reti indarno tesemetafora), sia sconfitto (se ne scorni - resti scornato).

[9] Or volge, Signor mio, l’undecimo anno
ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo
che sopra i più soggetti è più feroce.

[9] Signore mio (apostrofe), sta per finire (or volge) l'undicesimo anno da quando fui (ch’i’ fui) sottomesso allo spietato vincolo amoroso (dispietato giogometafora) che è più spietato (feroce) soprattutto con chi è più devoto (sopra i più soggetti).

[12] Miserere  del mio non degno affanno;
reduci i pensier’ vaghi a miglior luogo;
ramenta lor come oggi fusti in croce.

[12] Abbi compassione (Miserere) del mio indegno dolore (non degno affanno – perché causato da un motivo basso); riconduci (reduci) al Cielo (a miglior luogometafora per dire meta più degna) i miei pensieri che vaneggiano (vaghi – che si perdono in cose futili); ricorda (ramenta) loro come tu, in questo giorno (oggi – Venerdì Santo), fosti crocefisso (fusti in croce).


Riassunto della poesia

Petrarca si rivolge a Dio chiamandolo in suo aiuto. La vita gli appare come una lunga serie di giorni e di notti spesi inutilmente nell’illusione dell’amore di Laura. Tutto ciò ora, compresa Laura stessa non gli sembrano altro che un male voluto dal demonio per perdere la sua anima. Ora dopo 11 anni dal giorno in cui il poeta si è innamorato di Laura, solo Dio con la sua grazia può aiutarlo e aver misericordia delle sue sofferenze, riconducendolo a pensieri più alti e degni.


Struttura

Il sonetto si divide in due parti:

  • La prima parte è un unico ampio periodo che coincide con le due quartine che retrospettivamente riflettono sulla sua passione amorosa:
    • Prima quartina: Petrarca invocando Dio riflette sulla vanità del proprio innamoramento per Laura;
    • Seconda quartina: chiede l’aiuto di Dio per riscattarsi. La preghiera di soccorso rivolta a Dio si ricollega con l’invocazione che apre la prima quartina (Padre del ciel);
  • La seconda parte coincide con le due terzine rivolte al presente:
    • Prima terzina: il poeta fa riferimento alla durata del suo tormento   (11 anni di amore non corrisposto);
    • Seconda terzina: Petrarca avanza un’altra richiesta di pietà divina scandita con la triplice invocazione: Miserere…reduci…ramenta…

Analisi del testo della poesia

L’incipit di questo sonetto riecheggia il Padre Nostro, la più semplice e umile preghiera cristiana, attraverso la quale Petrarca si pone al cospetto di Dio, confessandogli il peccato di aver sprecato i propri giorni e le proprie notti vaneggiando l’amore profano.
Emerge dal sonetto il dissidio che travaglia l’animo di Petrarca, il contrasto drammatico tra:

  • La passione d’amore;
  • Gli alti ideali religiosi.

Il poeta è combattuto tra la sua profonda passione amorosa terrena, per Laura, e l’intimo desiderio di liberarsi da essa per perseguire i grandi ideali predicati dalla religione, e ciò avviene in occasione dell’anniversario del giorno fatale in cui si innamorò di Laura, 11 anni prima, che coincide con quello in cui ricorre la morte di Cristo: il venerdì santo.
L’amore per Laura è deprecato e rinnegato, infatti viene presentato come un sentimento negativo e dannoso, una passione che distoglie l’uomo da ideali più alti, per questo Petrarca usa sempre espressioni negative come: fero desio, mio mal, duro avversario.


Primo incontro tra Laura e Petrarca

Petrarca vide per la prima volta Laura, nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone, il 6 Aprile 1327, venerdì santo. Il poeta lo rivela in vari suoi sonetti.
Nel sonetto 211 (Voglia mi sprona, Amor mi guida et scorge) indica oltre all’anno ed il giorno anche l’ora (le sei del mattino, l’ora prima) in cui entra nel laberinto, ovvero il momento esatto in cui comincia il suo amore per Laura:
Mille trecento ventisette, a punto
su l’ora prima, il dì sesto d’aprile,
nel laberinto intrai, né veggio ond’esca
(Voglia mi sprona, Amor mi guida et scorge vv.12/14)


Tematiche

Il sonetto Padre del ciel, dopo i perduti giorni è una preghiera rivolta a Dio in cui emergono fondamentalmente 3 temi:

  • La vanità dell’amore profano;
  • L’aspirazione ad un percorso esistenziale più elevato;
  • La sovrapposizione tra l’esperienza individuale e la storia sacra di Cristo (vedi anche: Era il giorno ch’al sol si scoloraro – sonetto 221).




Analisi metrica

Sonetto di 14 versi endecasillabi, ripartiti in 4 strofe con schema: rima ABBA (rima incrociata) nelle quartine, CDE (rima replicata) nelle terzine.
Il testo si struttura come una preghiera a Dio, ciò è reso esplicito attraverso:

  • i due vocativi che simmetricamente aprono la prima quartina e la prima terzina:
    • Padre del ciel (v.1);
    • Signor mio (v.9);
  • ma più ancora grazie alla triplice invocazione che apre ogni verso della terzina conclusiva con le tre forme verbali imperative: Miserere…reduci…ramenta…

Passi delle Sacre Scritture compaiono in varie espressioni:

  • Il primo verso riprende il Padre Nostro dal Vangelo di Matteo, 6, 9-13;
  • L’inizio della seconda terzina richiama con la citazione in latino Miserere il salmo penitenziale per eccellenza, quello della richiesta di perdono del profeta Natan.

Figure retoriche

Approfondimento di alcune figure retoriche:

Chiasmo

  • perduti giorni,/… notti vaneggiando spese - vv.1/2;

Climax

  • Miserere…/reduci…/ramenta…- vv.12/14 – climax di tipo ascendente;

Iperbato

  • notti vaneggiando spese, v.2 – viene dato risalto al termine vaneggiando, con la sua inserzione tra il sostantivo notti dal suo attributo perse;

Metafore:

  • col tuo lume, v.5 – immagine che si riferisce alla luce della grazia di Dio, la luce divina;
  • avendo le reti… tese, v.7 - per dire aver ingannato, aver teso una trappola. L’immagine della rete che imprigiona l’amante è ricorrente nella poesia erotica latina.
  • mio duro adversario, v.8 – immagine per dire il diavolo tentatore, cioè Amore. Notare che per la tradizione cristiana l’Avversario per antonomasia è il diavolo, Satana.
  • dispietato giogo, v.10 – immagine del giogo che usualmente serve a legare il bestiame usato per arare, qui vuole dare l’idea della potenza vincolante della passione amorosa, che rende schiavo l’amante.
  • a miglior luogo, v.13 - per dire meta più degna.





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