ANTEFATTO
Il quarto capitolo si è concluso con l’arrivo di Padre Cristoforo, uscito all’alba dal Convento, alla casa di Agnese e Lucia, dove le due donne lo accolgono ansiose di metterlo al corrente del rifiuto di don Abbondio a celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia.
Indice degli argomenti:
RIASSUNTO
Padre Cristoforo a casa di Lucia
Subito dalla prima occhiata data alle due donne Padre Cristoforo capisce la gravità della situazione. Lucia scoppia in un pianto dirotto ed Agnese con la sua parlantina presenta mille scuse per averlo disturbato. Su richiesta del frate, Agnese spiega la situazione e la reazione di padre Cristoforo è nello stesso tempo di dolore e di rabbia.
Egli rassicura le due donne e pensa quale potrebbe essere la cosa migliore da fare. Ma tutte le soluzioni ipotizzate nella sua mente:
- mettere vergogna a don Abbondio,
- informare il cardinale arcivescovo,
- coinvolgere i frati del convento,
gli sembrano, ognuna per una diversa ragione, poco percorribili.
Padre Cristoforo decide infine che l’unico passo da fare è affrontare don Rodrigo e convincerlo a rinunciare a ogni progetto disonesto su Lucia.
L’arrivo di Renzo
Arriva Renzo, Padre Cristoforo con tono paternalistico rincuora anche lui dicendogli che lui è li per loro e che non li abbandonerà. Nel rispondergli Renzo lascia trapelare le sue intenzioni di ribellarsi all’ingiustizia a proprio modo. Il frate reagisce con veemenza rimproverandolo e poi persuadendolo che ogni reazione impulsiva non può portare a nulla, lo ammonisce che, per il debole, reagire significa ottenere una vittoria sanguinosa di cui porterà il rimorso tutta la vita; gli fa promettere di lasciarsi guidare da lui. Renzo se ne convince.
Padre Cristoforo si reca da don Rodrigo
Padre Cristoforo comunica che andrà a parlare con don Rodrigo per convincerlo a lasciar perdere le sue mire su Lucia e se non riuscirà nell’impresa troveranno un’altra soluzione.
Il Padre rientra dunque al Convento, pranza e subito dopo si avvia verso il palazzotto di don Rodrigo.
Il palazzotto di don Rodrigo sorge isolato sopra un colle ai piedi del quale, verso il lago, vi erano le casupole dei contadini di don Rodrigo.
Passando nel villaggio si possono intuire le condizioni e i costumi del paese:
- Appesi nelle case, insieme alle zappe, ai rastrelli, ecc. vi sono schioppi e fucili;
- Gli uomini hanno un aspetto arcigno e sono vestiti come i bravi;
- I vecchi appaiono malvagi;
- Le donne mascoline e senza grazia;
- I fanciulli petulanti e attacca brighe.
Il palazzotto di don Rodrigo
Padre Cristoforo arriva alla porta chiusa del palazzo, intorno un grande silenzio. Inchiodati al battente del portone vi sono due grandi avvoltoi impagliati e a far la guardia due bravi sdraiati sulle panche, uno a destra e l’altro a sinistra del portone d’ingresso.
Uno dei due bravi si alza e si rivolge al frate in modo esageratamente famigliare sottolineando di essere amico del convento che tante volte l’ha accolto e protetto in momenti in cui era meglio lui non si facesse vedere in giro.
Dicendo così bussa al portone. All’interno del palazzo si sente l’abbaiare furioso di mastini e cagnolini ed il borbottio di un vecchio servitore che lentamente apre il portone.
Riconosciuto Padre Cristoforo, il vecchio servitore, si stupisce di vedere in quel posto un tale ospite ma subito pensa, tra sé e sé, che sia arrivato per far del bene e lo accompagna attraverso le varie sale del palazzo sino alla sala del convito.
Il banchetto
Dalla sala del convito giungono rumori di stoviglie e un gran vocio, segno di un banchetto in corso. Padre Cristoforo vorrebbe aspettare in qualche angolo della casa che il banchetto finisca quando dalla porta aperta viene visto dal Conte Attilio (cugino del padrone di casa) che lo chiama a gran voce dicendogli di accomodarsi.
Anche don Rodrigo, nonostante intuisca il fastidio di quella visita, incoraggia Padre Cristoforo ad entrare.
Gli invitati al pranzo
Padre Cristoforo entra, il suo atteggiamento, sottolinea Manzoni è ben diverso da quello che ci si aspetterebbe da un uomo giusto di fronte ad un malvagio, ovvero che sia con la fronte alta, impettito e la parlantina sciolta; invece, il frate è con gli occhi bassi, in silenzio e presenta le sue scuse ai commensali.
Al tavolo da pranzo ci sono diverse persone:
- don Rodrigo a capotavola;
- il Conte Attilio (cugino di don Rodrigo) alla sua destra;
- alla sinistra il podestà, ovvero l’autorità che dovrebbe essere garante della legge e di quella giustizia che avrebbe dovuto difendere Renzo Tramaglino dall’ingiustizia subita;
- di fronte al podestà c’è il dottor Azzecca-garbugli;
- altri due convitati intenti a mangiare e ad approvare ogni cosa si dicesse.
Viene offerta una sedia a Padre Cristoforo, il quale si scusa per l’ora inopportuna e chiede a don Rodrigo di potergli parlare privatamente. Don Rodrigo rimanda a più tardi la conversazione con lui e gli offre da bere. Allo schernirsi del frate insiste con una cortesia urtante e gradassa per cui Padre Cristoforo inizia lentamente a bere mentre riprende la conversazione tra gli ospiti.
Le dispute tra gli invitati
La conversazione verte su varie questioni:
Primo argomento
La prima questione riguarda una disputa relativa a norme cavalleresche e vede contrapporsi l’opinione del Conte Attilio e del Podestà.
L’argomento è:
- un cavaliere spagnolo manda una sfida a un cavaliere milanese;
- colui che deve consegnare la sfida non trovando in casa il diretto interessato consegna la comunicazione della sfida al fratello del cavaliere;
- il fratello del cavaliere, letta la sfida, bastona colui che l’ha consegnata.
La questione quindi riguarda le regole della cavalleria e la bastonabilità degli ambasciatori:
- Il Conte Attilio sostiene che abbia il fratello di colui che è stato sfidato abbia fatto bene a bastonare perché colui che ha portato l’ambasciata doveva prima chiedere il permesso di potergli consegnare la sfida,
- il podestà invece sostiene che non è un comportamento accettabile perché ambasciatore non porta pena.
Padre Cristoforo viene tirato in mezzo da don Rodrigo e da Azzecca-garbugli, che interpellato non vuole compromettersi dando un suo parere che vada a dispiacere ad uno dei contendenti e quindi ribalta la cosa sul frate. Dopo un tentativo di sottrarsi dicendo che non è in grado di derimere la questione, Padre Cristoforo, messo alle strette da don Rodrigo, alla fine si esprime affermando che a suo parere non dovrebbero esistere né sfide, né ambasciatori, ne bastonate.
La sua opinione provoca un certo sconcerto in tutti i presenti e sull’affermazione di Azzecca-garbugli che tale sentenza possa essere ritenuta buona solo per il pulpito ma non per la vita reale, la disputa si spegne.
Secondo argomento
Nasce subito dopo una seconda disputa, suscitata da don Rodrigo che verte sulla successione al Ducato di Mantova a seguito della morte di Vincenzo Gonzaga.
Anche in questa nuova disputa si fronteggiano il conte Attilio e il podestà, difendendo previsioni nella successione opposte, ognuno vantando di avere in merito informatori fidati:
- Per il conte Attilio le cose si aggiusteranno senza scontri e la successione verrà assegnata al conte di Nevers;
- per il podestà invece si arriverà alla guerra per poter assegnare la successione al conte duca d’Orleans.
Il podestà inizia a parlare ed il tentativo di replica da parte del Conte Attilio viene smorzato da don Rodrigo che con un’occhiata gli fa capire che deve smetterla di contraddire l’interlocutore.
Il podestà incoraggiato dal fatto che nessuno replica e contesta quanto dice, alza progressivamente il tono e dall’iniziale vantata modestia arriva a pontificare con sicumera sull’argomento, accalorandosi sempre di più.
Il Conte Attilio, che si è trattenuto ed ha già taciuto troppo a lungo, inizia a fare dei mugugni di impazienza, che vengono prontamente stoppati da don Rodrigo che, per impedirgli che sfocino in un suo intervento, ordina al servitore un fiasco di vino speciale e propone un brindisi al conte duca d’Olivares.
Di nuovo don Rodrigo vuole coinvolgere Padre Cristoforo nel brindisi, il frate si schernisce dicendo di non potere bere ancora ma don Rodrigo lo mette nella condizione di non poter rifiutare e quindi il frate accetta il bicchiere di vino.
Don Rodrigo chiede un parere sulla qualità del suo vino ad Azzecca-garbugli che in maniera altisonante elogia il vino e fa un inno ai pranzi di don Rodrigo, proponendo in chiusura un brindisi con l’augurio di prosperità e che la carestia sia per sempre bandita dal palazzo di don Rodrigo.
Terzo argomento
Dal brindisi scaturisce il terzo argomento dibattuto che concerne la carestia.
L’argomento suscita unanimità di pareri, tutti sono concordi ad attribuire la scarsità di pane ai panificatori piuttosto che alla carenza di grano.
Solo Padre Cristoforo rimane in silenzio, paziente, in attesa di essere ricevuto in privato.
A quel punto don Rodrigo, non potendo più rimandare oltre il colloquio con il frate, si congeda dai suoi ospiti e invita Padre Cristoforo a seguirlo in un’altra sala.
ANALISI DEL TESTO
NUCLEI NARRATIVI
Nel V capitolo dei Promessi Sposi si possono distinguere 3 nuclei narrativi fondamentali:
- Padre Cristoforo giunge a casa di Agnese e Lucia, viene informato su quanto accaduto e decide di andare a parlare con don Rodrigo per farlo desistere dai suoi piani;
- Descrizione del piccolo regno di don Rodrigo e del suo palazzotto;
- Il banchetto a cui Padre Cristoforo è costretto a prendere parte in attesa di essere ricevuto privatamente da don Rodrigo.
RENZO E PADRE CRISTOFORO
Nel V capitolo emerge a tratti l’indole combattiva di Padre Cristoforo nella cui personalità coesistono umiltà e risolutezza d’azione. Anche l’impulsività di Renzo è messa in rilievo ma viene domata dalla affettuosa persuasione di Padre Cristoforo che riesce a ricondurre Renzo, uomo semplice e buono, ad avere un tono docile e ragionevole.
Questa situazione in cui Renzo perde il controllo e vuole farsi giustizia da solo si ripeterà altre volte nel corso della narrazione, la ritroviamo:
- All’inizio del Cap. VII;
- Alla fine del Cap. XXXV, nel corso del loro ultimo colloquio.
IL FEUDO DI DON RODRIGO
Il piccolo feudo di Don Rodrigo è costituito da un misero mucchietto di case abitate dai contadini che lavorano le sue terre.
Con la descrizione del piccolo agglomerato di case Manzoni mette in rilievo la prepotenza e l’arroganza dell’ambiente che rispecchia lo stile di vita di don Rodrigo:
- Nelle case insieme agli attrezzi da contadini vi sono delle armi, come se fossero anch’essi arnesi del mestiere;
- Regna una gran confusione (simbolo di disordine morale);
- I personaggi che abitano quelle casupole, sia uomini, che donne, che fanciulli, appaiono arcigni, volgari, rozzi e pronti a ricorrere alla violenza.
IL PALAZZOTTO DI DON RODRIGO
Manzoni attraverso la descrizione del palazzo delinea il carattere del suo proprietario, di don Rodrigo. Già il fatto di definirlo palazzotto ha l’intento di richiamare subito una dimensione degradata del suo aspetto.
Situazione che viene ulteriormente confermata dal fatto che si erge su un piccolo rilievo, è isolato, ma non ha maestosità: è una bicocca, ovvero, in base al linguaggio dell’epoca, una piccola fortezza.
Le imposte sconnesse e logore trasmettono il senso del trasandato, della trascuratezza e dell’abbandono. Le finestre con le inferriate evidenziano l’ostilità del luogo.
In particolare, il portone d’ingresso, con inchiodati due avvoltoi impagliati (da notare: non due aquile) sui battenti e con due bravi posti a guardia, riflette la prepotenza, la volgarità e la boria del padrone di casa.
Anche l’abbaiare furioso, al di là del portone, dei mastini e dei cagnolini rientra nel suggerire la natura dei padroni, la ferocia aggressiva dell’ambiente.
Con questa descrizione Manzoni comunica al lettore con chi padre Cristoforo va a confrontarsi.
Altro elemento di rilievo è il fare eccessivamente famigliare con cui quasi tutti (i bravi, don Rodrigo, il Conte Attilio) si rivolgono a Padre Cristoforo.
DON RODRIGO
Manzoni attraverso la descrizione del piccolo feudo e del palazzotto assolve al compito di descrivere don Rodrigo come un arrogante signorotto di provincia, chiuso nella sua meschinità.
Nessuna descrizione viene fatta sul suo aspetto fisico e sulla sua vita di questo personaggio ma risulta evidente la mediocrità di questo nobile in decadenza che ostenta potere, vuole incutere timore ma che in realtà è insicuro e teme il mondo.
LA SCENA DEL BANCHETTO
Manzoni con la scena del banchetto dà prova di grande abilità caricaturale e di fine ironia. Temi vari si intrecciano, si alternano e si uniscono, facendo da sfondo alla figura di Fra Cristoforo che nonostante sembri perduta tra i convitati ed il frastuono, muta e quasi in disparte, è la protagonista morale della scena e mette disagio nel padrone di casa.
Manzoni non sceglie di far capitare Padre Cristoforo in un’ora in cui don Rodrigo è solo, ma in mezzo ad un banchetto molto affollato e rumoroso, non a caso. Vedere la figura di Padre Cristoforo in mezzo a quegli invitati induce il lettore a fare molte riflessioni, nonostante Manzoni esplicitamente non ne faccia alcuna, e lo prepara alla scena dell’accoglienza da parte di don Rodrigo.
Emerge inevitabilmente e in tutta evidenza la forza morale di Padre Cristoforo antitetica alla scena di tanta rumorosa prepotenza.
IL CONTE ATTILIO
Manzoni nel capitolo V rende esplicito chi sia l’altro signore a cui ha accennato Lucia nel Cap.III, nel racconto del suo incontro con don Rodrigo. L’autore infatti specifica di aver già fatta menzione di lui, senza nominarlo e adesso spiega che si tratta del conte Attilio, cugino del padron di casa, venuto da Milano in villeggiatura.
Anche questo personaggio usa un tono urtante di eccessiva famigliarità per rivolgersi al frate, cosa che delinea l’insolenza dei suoi modi e della sua persona. Caratteristica che viene resa esplicita dall’autore che lo accomuna a don Rodrigo come compagno di libertinaggio e di soverchieria.
Nella scena della discussione emerge inoltre la sua impetuosità rumorosa e la sua cortesia insolente.
LA DISCUSSIONE
La dinamica della discussione rivela la diversità dei ruoli e degli atteggiamenti:
- Il conte Attilio - su di lui converge il frastuono della disputa;
- Fra Cristoforo - invece la smorza e la spegne;
- Don Rodrigo - continuamente frena l’intemperanza del cugino, per non rischiare di inimicarsi il podestà, e insiste a chiamare in causa padre Cristoforo, per metterlo in imbarazzo e scoraggiarlo sul fatto di dovergli parlare privatamente;
- Il podestà - è in antagonismo con il conte Attilio;
- Azzecca-garbugli - non prende mai posizione tra i due contendenti per paura di inimicarseli;
- Gli altri convitati - fanno da tappezzeria.
I toni della discussione sono sempre molto alti e concitati tra i due contendenti principali, ovvero il Conte Attilio e il Podestà, ognuno vuole prevaricare.
IL PODESTA’ DI LECCO
Manzoni fa un bellissimo ritratto di questo scalcagnato podestà di paese che si dà gran arie di oratore.
Nel discoro politico del podestà, così come nella lunga chiacchierata di Azzecca-garbugli con Renzo, vi è indirettamente la critica di un certo tipo di mentalità del borgo, del paesello, logoro, meschino e pretenzioso, chiuso nel cerchio dei potenti.
Il parlare del podestà è intessuto di metafore del linguaggio parlato, alcuni nomi vengono storpiati e rivela tra le righe una certa ignoranza nonostante la boria esibita.
La canzonatura del podestà raggiunge il suo culmine al momento del brindisi che il podestà accetta di buon grado e con riconoscenza perché, come rileva Manzoni: “tutto quello che si faceva o si diceva in onore del conte duca, lo riteneva in parte fatto per sé”.
FIGURE RETORICHE
L’ironia domina gran parte della narrazione.
Tra le principali figure retoriche utilizzate ci sono:
- sia una preghiera, non che un consiglio, non che una correzione, non che un rimprovero;
- violabile violabilissimo, bastonabile bastonabilissimo…;
Metafora, molto numerose le metafore:
- dottor delle cause perse – per dire Azzeccagarbugli
- avrebbe finito presto di mangiar pane – riferito a don Rodrigo per dire che sarebbe morto.
- verso il covile della fiera che voleva provarsi d’ammansare – per dire: verso il Palazzo (covile) di don Rodrigo (fiera
- come la piccola capitale del suo piccolo regno – parla del gruppo di casupole sotto al palazzo di don Rodrigo, metafora che contiene l’anafora piccola e piccolo con cui Manzoni sottolinea la pochezza di don Rodrigo e della sua corte.
- perdute le zanne – sta per: perduti i denti – i vecchi vengono paragonati ai cani rabbiosi pronti ad azzannare anche se non più giovani;
- con la sua buona tabella – si riferisce ai codici e codicilli della legge;
- guerra d’ingegni;
- se non ha fatta la sua carovana;
- Con le buone o con le cattive
- Ha le mani lunghe
- Se ha fisso il chiodo
- Farà un buco nell’acqua
- sempre con il vento in poppa;
- anche lui di non incontrar mai uno scoglio;
- il conte duca è una volpe vecchia;
- sa il cielo quando il podestà avrebbe preso terra;
- questo è l’Olivares dei vini;
- come per tener ferme e unite tutte le potenze dell’animo – per definire lo stato d’animo di Padre Cristoforo nel pensare a come reagire alla situazione.