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Sezione Letteratura

A Zacinto

Parafrasi e analisi della poesia

(Poesie, IX)

Ugo Foscolo

· Pubblicato · Aggiornato ·

Premessa

Il sonetto A Zacinto venne composto a Milano tra il 1802 e il 1803 ed è dedicato a Zacinto (adesso chiamata Zante), l’isola greca delle ionie dove Foscolo nacque.


TESTO

PARAFRASI

[1] Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque ,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque


[5]Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque


[9] cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.


[1] Non toccherò mai più (Né più mai toccherò - anastrofe) le sacre rive (sacre spondeipallage) dove nacqui (ove il mio corpo fanciulletto giacque - metafora), o mia Zacinto (Zacinto mia - apostrofe), che ti specchi nelle onde del mar Ionio (greco mar - anastrofe), dal quale Venere nacque già donna (vergine nacque Venere - anastrofe), e rese (fea) feconde quelle isole col suo primo sorriso (suo primo sorriso - il sorriso è uno degli attributi di Venere), dalle quali (onde) cantò (non tacquelitote – soggetto Omero, il colui del v.8) le tue limpide nubi (ossimoro) e la tua vegetazione (fronde - le isole ionie sono molto boscose), colui (colui - Omero) che, cantò i viaggi per mare voluti dal Fato (che l’acque cantò fatali - anastrofe e ipallage) e l’esilio dal diverso esito (il diverso esiglio), in virtù dei quali (per cui), celebre per la fama e per le sventure (bello di fama e di sventura) Ulisse infine approdò alla sua pietrosa Itaca (baciò la sua petrosa Itaca).

[12] Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra ; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

[12] O mia terra materna (o materna mia terra apostrofe e anastrofe), Tu (Tu - Zacinto) non avrai altro (non altro che…avrai) che questa lirica scritta dal tuo figlio (il canto avrai del figlioanastrofe e iperbato - al contrario di Itaca che avrà le spoglie di Ulisse); per noi (a noi – riferimento agli esuli come Foscolo) il destino ha stabilito (prescrisse il fato - anastrofe) una sepoltura senza lacrime (illacrimata sepoltura - sulla quale nessuna persona cara potrà versare lacrime - ipallage).


Riassunto della poesia

Foscolo si rivolge direttamente all’isola di Zacinto, egli è consapevole che non potrà più tornare, in quanto esule, su quell’isola che gli ha dato i natali, si limita quindi a salutarla rievocandone la bellezza e il fascino: la bellezza del suo mare, dei suoi cieli e dei suoi boschi e il fascino dei miti antichi di cui è stata testimone, come la nascita della dea Venere, sorta dalle acque del suo mare. Omero ne ha cantato la bellezza raccontando il viaggio avventuroso di Ulisse che riuscì ad approdare infine nella sua amata Itaca. Per il poeta invece il ritorno a Zacinto sarà impossibile, egli sarà sepolto in terra straniera, perché morirà esule e la sua isola natale avrà di lui solo la sua lirica.


Struttura

Il sonetto si divide in due parti molto diseguali tra loro:

  • La prima parte è costituita dalle prime tre strofe, le due quartine e la prima terzina, undici versi che costituiscono un unico periodo sintattico che unisce una serie di immagini e richiami mitologici in un lungo e appassionato crescendo.
  • La seconda parte è costituita dall’ultima terzina che risulta isolata ed in cui la forte tensione emotiva della prima parte si smorza in un’enunciazione secca e concisa in cui bruscamente la realtà si sostituisce al mito.

Analisi del testo della poesia

L’inizio della poesia con quel , trasmette l’impressione di essere all’interno di una riflessione esistenziale cominciata da tempo da cui nasce il ricordo della lontana e serena isola natale.
Il sonetto si basa sul confronto tra vicende personali e vicende mitiche.
Foscolo si paragona ad Ulisse, figure accomunate dal lungo peregrinare che tiene entrambi lontani dall’amata terra natia, ma qualcosa li differenzia, come emerge dall’uso del termine diverso al v.9, diversità che viene specificata nell’ultima terzina: il ritorno alla propria patria.
Vi è dunque analogia, ma anche contrapposizione tra le figure di Ulisse e di Foscolo che rappresentano due diverse tipologie di eroe:

  • Ulisse è l’eroe classico, eroe positivo che conclude felicemente le peregrinazioni con il rientro nell’amata Itaca;
  • Foscolo è l’eroe romantico, eroe infelice che non riesce a realizzare positivamente il suo peregrinare e non rientrerà nell’amata Zacinto.

Il sonetto si chiude sull’immagine dell’illacrimata sepoltura in cui viene anticipato il tema dell’importanza del sepolcro, sviluppato nella poetica successiva, secondo cui la morte può ricevere senso solo dal ricordo e dal dolore dei propri cari che piangono sulla tomba. Morire e trovare sepoltura lontano dalla propria patria ha come conseguenza il fatto di perdere la consolazione delle lacrime di familiari ed amici e dunque di togliere senso alla morte.
Nell’ultima parte emerge anche la tematica della forza eternatrice della poesia, grazie alla quale il poeta potrà rendere imperitura la fama della sua Zacinto.


Zacinto

Zacinto è un’isola greca del mar Ionio, il suo nome odierno è Zante.
Foscolo vi nacque e vi trascorse la sua prima infanzia, dal 1778 al 1785. Egli sognò per lungo tempo di ritornarvi ma il sogno non si realizzò.
Foscolo la definisce sacra per due motivi:

  • sia perché l’aggettivo enfatizza il concetto della patria lontana rendendola preziosa;
  • sia perché, dalle sue acque, ebbe origine la Dea Venere. Secondo la mitologia, infatti, Venere nacque dalle onde del mar Ionio, nei pressi di Citera.

Tematiche

Il tema è quello tipicamente foscoliano dell’esilio, da cui scaturiscono concetti legati sia alla cultura neoclassica che preromantica, quali:

  • L’amore per la patria;
  • il mito classico;
  • il valore della poesia eternatrice;
  • l’importanza del Sepolcro.

Ulisse

Le vicende di Foscolo ricalcano quelle di Ulisse:

  • per nascita - entrambi sono nati su un’isola greca: Zacinto mia, v.3 e la sua…Itaca, v.11;
  • per esilio – entrambi destinati a stare lontani dalla terra natia anche se con differente esito; diverso esiglio, v.9;
  • per destino – entrambi colpiti dal fato che ne ha determinato la vita tempestosa ed errabonda: fatali, v.9 e il fato, v.14;

A differenza dell’eroe greco, Foscolo non rientrerà mai nella sua patria, questo è l’elemento che determina il diverso esiglio del verso 9.





Analisi metrica

Sonetto di 14 versi endecasillabi, ripartiti in 4 strofe con schema: rima ABBA (rima incrociata) nelle quartine, CDE (rima replicata) nelle terzine.
Non c’è una cesura (pausa) netta tra le quartine e la prima terzina, riunite in un unico lungo periodo attraverso i numerosi enjambements e una serie di congiunzioni (ove, che, e, onde, di colui che, per cui). L’ultima terzina, distaccata dal resto del sonetto, ne rappresenta la conclusione.
Questa difficile costruzione stilistica non rispetta i canoni della metrica tradizionale del sonetto in quanto non vi è coincidenza tra la struttura sintattica e la struttura strofica ma contribuisce a rendere elevata la poesia.
Il tono decisamente dinamico e appassionato nelle prime tre strofe crea una lunga tensione emotiva che si smorza bruscamente nell’ultima terzina del sonetto in cui prende la forma di una sintetica affermazione.
Vari elementi determinano l’andamento circolare del sonetto:

  • il verso finale riprende e spiega l’affermazione da cui la lirica ha avuto avvio: l’impossibile ritorno a Zacinto;
  • Entrambi i periodi dell’inizio e del finale sono aperti da una negazione: Né più mai…, v.1; Tu non altro…, v.12;
  • L’apostrofe a Zacinto è collocata sia in apertura del sonetto che in chiusura: Zacinto mia, v.3; o materna mia terra, v.13;
  • al ricordo dell’infanzia dell’inizio (il mio corpo fanciulletto giacque – v.2) si contrappone il presagio di morte dell’ultimo verso (sepoltura), anticipato dall’espressione giacque;
  • l’uso dei verbi vede che gli unici due futuri del sonetto sono all’inizio e alla fine: toccherò (v.1) e avrai (v.12).

Ad eccezione di questi due futuri nel sonetto vi è una prevalenza di verbi al passato, in particolare al passato remoto soprattutto quando il testo fa riferimento ai tempi antichi.
Rime: nelle due quartine le rime includono (rime inclusive) due termini che rimandano al mare: onde e acque.
La scelta dei termini come: inclito, dea, fatali, ecc. risente dell’influenza della cultura classica in cui Foscolo è cresciuto.


Figure retoriche

Approfondimento di alcune figure retoriche:
Iperbati

  • il canto avrai del figlio, v.12;
  • a noi prescrisse / il fato illacrimata sepoltura, vv.13/14.

Metafora

  • il mio corpo fanciulletto giacque, v.2 - nel senso che Zacinto fu la culla di Foscolo, l’utilizzo del verbo giacque presuppone lo stare su un giaciglio, un letto.

Metonimia

  • l'inclito verso di colui, v.8 – con verso vuole indicare la poesia;
  • che l’acque cantò fatali, vv.9-10 – con acque vuole indicare le navigazioni, i viaggi per mare.

Perifrasi – ai vv.8-11 attraverso perifrasi Foscolo si riferisce ad Omero (senza mai citarlo direttamente) ed al protagonista del suo capolavoro L’Odissea, Ulisse:

  • l'inclito verso di colui che l'acque / cantò fatali…, v.8-9 – perifrasi per dire Omero. L'inclito verso fa riferimento alla poesia di Omero che cantò le peregrinazioni di Ulisse attraverso il Mediterraneo, da Troia ad Itaca.
  • bello di fama e di sventura, v.10 – delinea la figura dell’eroe greco Ulisse.





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