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La caduta

Parafrasi e analisi della poesia

(Odi, XV)

Giuseppe Parini

· Pubblicato · Aggiornato ·

TESTO

PARAFRASI

[1] Quando Orion dal cielo
declinando imperversa
e pioggia e nevi e gelo
sopra la terra ottenebrata versa,

[1] Quanto la costellazione di Orione (Orion - espediente classico per indicare la stagione con riferimento mitologico), tramontando (declinando imperversa) rovescia (versa)  sulla terra rabbuiata (sopra la terra ottenebrata versa) pioggia, neve e freddo (enumerazione e climax),

[5] me spinto ne la iniqua
stagione, infermo il piede,
tra il fango e tra l'obliqua
furia de' carri la città gir vede;

[5] La città mi vede andare (gir – forma arcaica di andare) a piedi nella stagione avversa (iniqua) nonostante cammini a fatica (infermo il piede – costrutto dell’accusativo alla greca, frequente in latino), in mezzo al fango e tra la disordinata velocità delle carrozze (l'obliqua furia de' carri).

[9] e per avverso sasso
mal fra gli altri sorgente
o per lubrìco passo
lungo il cammino stramazzar sovente.

[9] E per un sasso ostile (avverso sasso - perchè sporge e ostacola il cammino) che sporge malamente tra gli altri o a causa di un tratto di strada scivoloso (lubrìco passo) sovente lungo il cammino cado malamente (stramazzar).

[13] Ride il fanciullo; e gli occhi
tosto gonfia commosso
che il cubito o i ginocchi
me scorge o il mento dal cader percosso.

[13] Ride il ragazo; e subito si commuove quando si accorge che cadendo ho picchiato il gomito o le ginocchia o il mento (cubito o i ginocchi… o il mento … percosso – sono tre accusativi alla greca).

[17] Altri accorre; e: -Oh infelice
e di men crudo fato
degno vate! - mi dice;
e, seguendo il parlar, cinge il mio lato

[17] Altri accorrono: “O infelice (apostrofe) poeta (vate – con questo termine sottolinea l’alta funzione del poeta) meritevole di una sorte meno crudele – mi dice; e, continuando a parlare, mi cinge il fianco (lato - latinismo)

[21] con la pietosa mano;
e di terra mi toglie;
e il cappel lordo e il vano
baston dispersi ne la via raccoglie:       

[21] con la mano compassionevole (pietosa) e mi solleva da terra; ed il cappello sporco e il bastone inutile (vano – inutile perché non l’ha sorretto), sparpagliati raccoglie da terra:

[25] - Te ricca di comune
censo la patria loda;
te sublime, te immune
cigno da tempo che il tuo nome roda          

[25] la patria, ricca di denaro pubblico (comune censo) ti loda, poeta (cigno – animale sacro ad Apollo, dio della poesia, quindi simbolo dei poeti) sublime e immune dal [trascorrere del] tempo che potrebbe consumare (roda) la tua fama (il tuo nome)

[29] chiama gridando intorno;
e te molesta incìta
di poner fine al Giorno
per cui cercato a lo stranier ti addita.

[29] a gran voce ti chiama (chiama gridando intorno – ti acclama); ti incita fino ad infastidirti (molesta) a completare (poner fine poner è latinismo) il Giorno, il poema per cui [la gente] ti indica (ti addita) ai forestieri che ti cercano [per conoscerti].
[Quando Parini compone quest’opera (1795) solo le prime due parti del poema, il 'Mattino' e 'Mezzogiorno', erano state pubblicate; le altre due, il 'Vespro' e la 'Notte', uscirono postume.]

[33] Ed ecco il debil fianco
per anni e per natura
vai nel suolo pur anco
fra il danno strascinando e la paura:           

[33] Ed ecco che il corpo (fianco = sineddoche per dire corpo) indebolito (debil) dall’età e dalla salute malferma (per anni e per natura) vai ancora (pur anco) trascinandolo per le strade (nel suolo) con il rischio e la paura di farsi male:

[37] né il sì lodato verso
vile cocchio ti appresta
che te salvi a traverso
de' trivi dal furor de la tempesta.            

[37] né il tanto lodato verso ti procura (ti appresta) una misera carrozza (vile cocchio) che ti salvi dal pericolo di essere travolto agli incroci delle strade (a traverso de' trivi) e dal brutto tempo (furor de la tempesta).

[41] Sdegnosa anima! prendi
prendi novo consiglio,
se il già canuto intendi
capo sottrarre a più fatal periglio.

[41] Uomo sdegnoso [di qualsiasi compromesso]! Muta atteggiamento (prendi prendi novo consiglio – la ripetizione di prendi è un’anafora e sottolinea la commozione con cui l’interlocutore si rivolge a Parini) se vuoi sottrarre la tua vecchiaia (il già canuto … capo – sineddoche) a pericoli che potrebbero esserti mortali (fatal periglio).

[45] Congiunti tu non hai,
non amiche, non ville
che te far possan mai
nell'urna del favor preporre a mille.

[45] Tu non hai parenti (congiunti) [importanti], non hai amiche [facoltose], non hai ville [sontuose dove ricevere] che ti possano far preferire, nella distribuzione dei favori (nell'urna del favor), a mille altre persone (a mille).

[49] Dunque per l'erte scale
arrampica qual puoi;
e fa' gli atri e le sale
ogni giorno ulular de' pianti tuoi.

[49] Così stando le cose (dunque) come puoi (qual puoi) arrampicarti per le scale ripide (erte allitterazione di arrampica e erte per dare l’idea anche fonetica della fatica del salire le scale) [dei potenti]  e far risuonare ogni giorno le anticamere e le sale [delle case dei potenti] dei tuoi pianti (ulular de' pianti tuoi iperbole = esagerazione della realtà per renderla più incisiva). [metafora]

[53] O non cessar di porte
fra lo stuol de' clienti,
abbracciando le porte
de gl'imi che comandano ai potenti;

[53] Non esitare ad inserirti (porte = porre te) fra lo stuolo degli adulatori (clienti, latinismo) andando a bussare alle porte (abbracciando le porte – vedi Ariosto, Orlando furioso XVII: “e abbraccian gli usci e i geniali letti”) di quegli infimi (imi = bassissimi, latinismo) che influenzano le decisioni dei potenti (comandano ai potenti);

[57] e lor mercé penètra
ne' recessi de' grandi;
e sopra la lor tetra
noia le facezie e le novelle spandi.

[57] e grazie a loro (lor mercé) penetra nelle stanze più appartate (recessi) di coloro che contano (de' grandi) e allevia la loro cupa (tetra) noia raccontando (spandi) racconti divertenti (facezie e novelle - endiadi).[sferzata di Parini contro quei poeti che vendono la loro arte ai ricchi e ai potenti]

[61] O, se tu sai, più astuto
i cupi sentier trova
colà dove nel muto
aere il destin de' popoli si cova;

[61] Oppure, se sei capace (se tu sai), trova con più astuzia i tortuosi percorsi (cupi sentier – cioè i mezzi infami) che portano nei luoghi (colà) dove, nella silenziosa atmosfera (muto aere – nel senso di segretezza) si decide il destino dei popoli (destin de' popoli si cova);

[65] e fingendo nova esca
al pubblico guadagno
l'onda sommovi e pesca
insidioso nel turbato stagno.

[65] e fingendo di aver trovato un nuovo espediente (nova esca) per accrescere le pubbliche finanze (al pubblico guadagno) intorbida le acque (onda sommovi) e pesca nel torbido (turbato stagno) con cattive intenzioni (insidioso).[serie di metafore]

[69] Ma chi giammai potrìa
guarir tua mente illusa
o trar per altra via
te ostinato amator de la tua Musa?

[69] Ma chi potrebbe mai guarire la tua mente illusa (illusa – perché idealista crede nei valori di onestà e di giustizia) o tirarti su una strada diversa (altra via), te, ostinato amante (ostinato amator) della tua arte, la poesia (de la tua Musa)?

[73] Lasciala: O, pari a vile
mima, il pudore insulti,
dilettando scurrile
i bassi geni dietro al fasto occulti.

[73] Lascia questa Musa (Lasciala - abbandona la tua alta concezione di quest’arte): oppure fa in modo che essa, simile ad una comune commediante (vile mima), offenda il pudore (il pudore insulti), dilettando in modo volgare (scurrile) i bassi istinti (geni) nascosti (occulti) dietro allo sfarzo (fasto – sottinteso: degli uomini ricchi e potenti).”

[77] Mia bile, al fin costretta
già troppo, dal profondo
petto rompendo, getta
impetuosa gli argini; e rispondo:                 

[77] La mia rabbia (mia bilesineddoche – esplode la rabbia del poeta che respinge tali proposte), già troppo a lungo repressa (costretta), dal profondo dell’animo esplode e rompe impetuosa gli argini (gli argini - metafora); e rispondo:

[81] “Chi sei tu che sostenti
a me questo vetusto
pondo e l'animo tenti
prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto.

[81] “Chi sei tu che sorreggi (sostenti) questo mio vecchio (vetusto) corpo (pondo – dal latino, letteralmente significa peso, il corpo è considerato un peso che imprigiona lo spirito) e cerchi di avvilire (prostrarmi a terra) la mia anima? Sei pietoso, non giusto (Umano sei, non giusto - chiasmo).

[85] Buon cittadino, al segno
dove natura e i primi
casi ordinar, lo ingegno
guida così che lui la patria estimi.                  

[85] Un buon cittadino, guida il suo ingegno verso la meta (al segno) alla quale lo indirizzarono (ordinar) la sua indole (natura) e le prime vicende della vita (i primi casi), in modo che la sua patria lo apprezzi (estimi).

[89] Quando poi d'età carco
il bisogno lo stringe,
chiede opportuno e parco
con fronte liberal che l'alma pinge.

[89] Quando poi, ormai vecchio (d'età carco) è assillato dal bisogno (il bisogno lo stringe), [il buon cittadino] chiede aiuto al momento opportuno e discretamente (opportuno e parco) con quella dignitosa franchezza (con fronte liberal) che rispecchia (pinge) la sua anima (alma).

[93] E se i duri mortali
a lui voltano il tergo,
ei si fa, contro a i mali,
de la costanza sua scudo ed usbergo.

[93] E se gli uomini insensibili (duri), gli voltano le spalle (a lui voltano il tergo), egli trova riparo (scudo ed usbergo – letteralmente: uno scudo e una corazza) alle disgrazie (a i mali) con la sua costanza [di uomo onesto].

[97] Né si abbassa per duolo,
s'alza per orgoglio”.
E ciò dicendo, solo
lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio

[97] Non si abbatte (abbassa) di fronte ad una sventura (duolo), né si esalta (s'alza) per stupido orgoglio”.
Detto ciò, abbandono (solo lascio) l’uomo che mi ha soccorso (mio appoggio) e quindi mi allontano di là sdegnato (bieco).

[101] Così, grato a i soccorsi,
ho il consiglio a dispetto;
e privo di rimorsi,
col dubitante piè torno al mio tetto.

[101] Così riconoscente per l’aiuto che mi è stato prestato, respingo sdegnosamente il consiglio (ho il consiglio a dispetto) che mi è stato dato e privo di rimorsi, con passo incerto (dubitante piè – perché zoppicante) torno alla mia casa (al mio tetto - sineddoche).




Riassunto

Un giorno d’inverno, camminando per le strade della sua città, il poeta scivola e cade. Un passante lo soccorre e stupito di riconoscere in quel viandante ridotto in uno stato misero un poeta tanto amato e ammirato, gli elargisce alcuni consigli per uscire dalla sua povertà ingraziandosi il favore dei ricchi e potenti, mettendosi al loro servizio.
Il discorso del soccorritore si articola in tre momenti:

  • pietà nei confronti del poeta, vv. 17-32;
  • considerazione del suo stato misero, vv 33-40;
  • consiglio di mettersi al servizio dei potenti, vv.41-76.

A questo consiglio il poeta reagisce sdegnosamente affermando la sua volontà di rimanere puro e incorrotto, anche se povero. Nella conclusione il poeta se ne va, grato allo sconosciuto per l’aiuto ricevuto, ma nello stesso tempo offeso per le proposte che gli ha fatto.


Analisi del testo della poesia

Con Parini la poesia abbandona i temi sentimentali e i modi decorativi della stagione poetica precedente per diventare poesia di impegno civile e morale, che contribuisca al progresso sociale ed educhi il lettore. L’ode La caduta ne è un esempio. E’ un ode polemica di grande impegno morale con lo scopo di affermare la nobile ed elevata concezione che Parini ha del lavoro degli uomini di cultura, visti come maestri e guide per il lettore.
L’ode composta sul finire del 1785 è diventata un vero e proprio emblema della moralità pariniana. La situazione rappresentata dal chiaro valore simbolico si regge sul contrasto tra la caduta fisica del poeta e la sua salda integrità morale. E’ l’occasione per far emergere da una parte il ritratto ideale del buon cittadino e dall’altra il giudizio severo sulla società dell’epoca e sulla caduta a cui sembra destinata.





Incipit

L’ode La caduta inizia in maniera solenne attraverso la lunga perifrasi astronomica che indica la stagione invernale. Il riferimento mitologico è a Orione, mitico cacciatore della Beozia che Diana, della quale si era innamorato, uccise con una freccia e che fu mutato da Giove in una stella che si trova vicino alle Pleiadi, e tramonta quindi nella stagione invernale.


Analisi metrica:

Ventisei strofe costituite ciascuna da tre settenari e un endecasillabo a rime alternate.  Schema: abaB.
Sul piano stilistico-espressivo la struttura ricalca il periodare latino, il linguaggio poetico è molto elaborato sul piano del lessico, è ricercato e solenne, ricco di latinismi e di vocaboli preziosi e rari della tradizione letteraria.
Parini ricorre spesso a varie figure retoriche, oltre a quelle segnalate nella parafrasi ci sono anche le seguenti:

  • perifrasi: per esempio la lunga perifrasi astronomica della prima strofa in cui con il riferimento alla costellazione di Orione, che tramonta, cioè esce dall’emisfero occidentale verso la fine di dicembre vuole indicare la stagione invernale.
  • iperbati: con l’inversione dell’ordine normale delle parole, ad esempio “che il cubito o i ginocchi | me scorge o il mento dal cader percosso” (vv.15-16); “di men crudo fato / degno vate!” (vv.18-19),ì; “Baston dispersi ne la via raccoglie” (v. 24);  “Per cui cercato a lo stranier ti addita” (v. 32);  “fra il danno strascinando e la paura”(v.36).
  • Inversioni sintattiche: con le inversioni dell’ordine dei complementi nella frase, es. “e pioggia e nevi e gelo / sopra la terra ottenebrata versa” (vv.3-4).
  • Anafore: e…e…e…e (vv. 18-23), te…te (vv. 25-27), per…per (32-34), e…e (vv. 57-59), né…né (vv. 97-98).
  • Enjambement: vv.1-2, vv. 3-4, vv. 5-6, vv. 7-8, vv. 13-14, vv. 15-16, vv. 23-24, vv. 25-26, vv. 27-28, vv. 30-31, vv. 37-38, vv. 39-40, vv. 41-42, vv. 43-44.
  • Allitterazioni: o (v. 1), e (v. 3), r, t (v. 4), i (v. 6), t (v. 7), c (v. 8), s (v. 9), p (v. 11), s (v. 12), c, i (v. 15), m (v. 16), a (v. 17), d (v. 19)
  • Anastrofe: “Declinando imperversa” (v. 2), “E pioggia e nevi e gelo / sopra la terra ottenebrata versa” (vv. 3-4), “Tra il fango e tra l’obliqua / furia de’ carri la città gir vede” (v. 7-8), “E per avverso sasso” (v. 9), “Mal fra gli altri sorgente” (v. 10).
  • Metafore: nella strofa del verso 49 l’immagine del salire le scale dei potenti è utilizzata da Parini per significare l’adulare e l’umiliarsi davanti a loro per ottenere dei favori; nelle strofe dei versi 61 e 65 Parini adotta una serie di metafore per indicare le modalità torbide della vita politica: i cupi sentier; nel muto aere; l’onda sommovi; pesca…nel turbato stagno…; alla strofa del verso 77 lo sdegno del poeta è paragonato a un fiume in piena che rompe gli argini.
  • Climax: “E pioggia e nevi e gelo” (v. 3), “Chiama gridando…incita…addita” (vv. 29-32).





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