Giuseppe Parini, poeta e prete senza vocazione, è costretto per lunghi anni, per necessità, a lavorare come precettore presso famiglie nobili, formando ed educando i rampolli dell’aristocrazia milanese. Esponente di spicco del neoclassicismo e dell’illuminismo lombardo, si distingue nel mondo culturale e letterario per il suo impegno civile e morale.
Indice degli argomenti:
VITA
Giuseppe Parini nasce a Bosisio, in Brianza, nel 1729 da una famiglia di modeste condizioni economiche, il padre era mediatore di seta. A 10 anni si trasferisce a Milano da una vecchia prozia, Anna Maria Lattuada, per studiare; frequenta le scuole dei Barnabiti.
Si guadagna da vivere dando lezioni private e trascrivendo carte forensi e contemporaneamente coltiva i suoi interessi rivolti principalmente alla cultura classica e alla poesia.
Nel 1752 pubblica la raccolta Alcune poesie di Ripano Eupilino, composta da novantaquattro componimenti di vario genere.
Nel 1753 Giuseppe Parini viene ammesso all’Accademia dei Trasformati, il suo gusto oscilla tra Arcadia e forme classiche: "il nuovo doveva sorgere senza distruggere il passato", le nuove idee vengono accettate nel rispetto della tradizione classica, che lui continua a seguire difendendo la purezza della lingua, e di cui voleva dimostrare l’inesauribile vitalità. Collabora attivamente con l’Accademia con componimenti poetici e in prosa su temi proposti dall’Accademia stessa, come Dialoghi sopra la nobiltà e il Discorso sopra la poesia.
L’ASTIO PER I NOBILI
Nel 1754 Giuseppe Parini diventa sacerdote, pur senza grande vocazione, per poter godere di una piccola rendita lasciatagli dalla prozia alla sua morte, vincolata alla sua entrata nel clero.
Entra come precettore in casa dei duchi Serbelloni e vi rimane dal 1754 fino al 1762, quando viene cacciato sui due piedi per aver difeso una ragazza ingiustamente schiaffeggiata dalla duchessa Maria Vittoria Serbelloni. La frequentazione di casa Serbelloni permette al poeta di entrare in contatto con la vita della più moderna e colta nobiltà del tempo.
La frequentazione degli ambienti aristocratici fa maturare in Giuseppe Parini astio nei confronti del ceto nobiliare che reputa parassita, ozioso ed inutile, odio che trapela e diventa soggetto di alcune delle sue opere più importanti.
Dal 1763 al 1768 Parini lavora, sempre come precettore, in casa Imbonati. Da questa esperienza nasce l’ode L’educazione del 1764.
L’ATTIVITÀ TEATRALE
In questo periodo vengono anche pubblicati Il Mattino e Il Mezzogiorno che contribuiscono a crescere il prestigio e la considerazione nei suoi confronti. Viene nominato poeta del Regio teatro ducale, ciò gli permette di scrivere e curare testi di melodrammi (tra cui l’Ascanio in Alba, musicato dal quindicenne Mozart) e di entrare nel mondo teatrale. E’ in quest’ambito che Parini si innamora di Teresa Fogliazzi, moglie del coreografo Gasparo Angiolini.
GIORNO: POEMA INCOMPIUTO
Viene nominato direttore della "Gazzetta di Milano" e nel 1769 Parini diventa professore di Eloquenza nelle Scuole Palatine poi Ginnasio Brera ed infine sovrintendente alle scuole pubbliche.
Nel 1791 esce la sua raccolta delle Odi, poesie che affrontano temi civili o d’occasione, ed alcune dedicate alla bellezza femminile. Rimane incompiuta, nonostante il poeta vi avesse lavorato per lungo tempo, la stesura finale del Giorno che doveva comprendere oltre alla revisione de Il Mattino e Il Mezzogiorno, già pubblicati in forma anonima, anche Il Vespro e La Notte. L’intento dell’opera di Parini è di mostrare, attraverso la descrizione della vita aristocratica e oziosa di un Giovin Signore, da parte del suo precettore, la degenerazione della nobiltà settecentesca che vive nel lusso e nella frivolezza.
GLI ULTIMI ANNI
Giuseppe Parini partecipa attivamente alla vita intellettuale della Milano illuminista e sente necessario il rinnovamento della società: predica uguaglianza e giustizia e all’inizio ripone le sue speranze nella rivoluzione francese, ma subito ne condanna gli eccessi e come dice Pietro Verri: "Parini il fermo ed energico talvolta piange. Io non piango ma fremo e lo amo come uomo di somma virtù"
Il 12 maggio 1796 con l’arrivo dei Francesi a Milano il poeta accetta di far parte della nuova Municipalità e crede che i suoi ideali sociali e civili stiano per realizzarsi, ma rimane ben presto disgustato per il pressante controllo dei francesi che impediscono che ogni innovazione.
Invitato dai Giacobini a gridare "Viva la repubblica morte agli aristocratici" Parini rispose "Viva la repubblica, morte a nessuno": viene presto esonerato dalla carica.
Giuseppe Parini muore nel 1799, proprio quando, sconfitti i francesi, rientrano a Milano gli austriaci ch’egli saluta con speranza che portino pace ed ordine.