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Parafrasi e analisi

Angelica e i suoi inseguitori

(Orlando furioso, canto I, Ottave 10 - 16)

Ludovico Ariosto

· Pubblicato · Aggiornato ·

Con queste ottave,  10-16, inizia l’azione originale dell’Orlando furioso. La scena avviene nello sfondo scenico, quasi irreale, di una selva da cui si svolgeranno buona parte degli intrecci del poema.


TESTO

PARAFRASI

[10] Dove, poi che rimase la donzella
ch’esser dovea del vincitor mercede,
inanzi al caso era salita in sella,
e quando bisognò le spalle diede,
presaga che quel giorno esser rubella
dovea Fortuna alla cristiana fede:
entrò in un bosco, e ne la stretta via
rincontrò un cavallier ch’a piè venìa.

[10] Qui (Dove - nel padiglione dove era prigioniera), dopo che era rimasta [sola] la giovane [Angelica], che doveva esser il premio (mercede = ricompensa) del vincitore, prima di quanto avvenne (inanzi al caso - prima che la battaglia si tramutasse in sconfitta per i cristiani) s’era messa a cavallo e quando fu il momento adatto (bisognò) fuggì (le spalle diede – preso dall’espressione latina terga dare: volgere le spalle), avendo previsto (presaga) che la sorte quel giorno sarebbe stata avversa (rubella = ribelle, forma popolare) ai cristiani (alla cristiana fede): entrò in un bosco, e nell’angusto sentiero (stretta via) incontrò un cavaliere che andava a piedi.

[11] Indosso la corazza, l’elmo in testa,
la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo
;
e più leggier correa per la foresta,
ch’al pallio rosso il villan mezzo ignudo.
Timida pastorella mai sì presta
non volse piede inanzi a serpe crudo,
come Angelica tosto il freno torse,
che del guerrier, ch’a piè venìa, s’accorse.

[11] Con indosso la corazza, l’elmo in testa, la spada al fianco e con uno scudo in mano (la corazza, l’elmo in testa,la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo - enumerazione per asindeto); e correva per la foresta più rapido (leggier) di un contadino (villan - similitudine) mezzo nudo [quando corre] per il drappo rosso (pallio rosso- era il drappo che si dava in premio al vincitore della corsa campestre – da pallium lat.). Una paurosa pastorella (timida pastorella - similitudine) non fuggì (volse piede) mai così veloce (sì presta) dinnanzi ad un serpente velenoso (crudo = crudele), di come Angelica tirò le redini (il freno), appena si accorse di quel guerriero che veniva a piedi.

[12] Era costui quel paladin gagliardo,
figliuol d’Amon, signor di Montalbano,
a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo
per strano caso uscito era di mano.
Come alla donna egli drizzò lo sguardo,
riconobbe, quantunque di lontano,
l’angelico sembiante e quel bel volto
ch’all’amorose reti il tenea involto.

[12] Era costui il famoso e valoroso paladino figlio d’Amone (figliuol d’Amon = Rinaldo), signor di Montalbano, al quale poco prima il suo cavallo Baiardo per un evento straordinario (strano caso) era scappato [si riferisce all’episodio raccontato nell’Orlando Innamorato]. Appena egli rivolse lo sguardo verso la donna, anche se da lontano, riconobbe lo stupendo corpo (l’angelico sembiante) e il bel volto [di Angelica] che lo teneva impigliato nelle reti dell’Amore (all’amorose reti il tenea involto - metafora: che l’aveva fatto innamorare).

[13] La donna il palafreno a dietro volta,
e per la selva a tutta briglia il caccia;
né per la rara più che per la folta,
la più sicura e miglior via procaccia:
ma pallida, tremando, e di sé tolta,
lascia cura al destrier che la via faccia.
Di sù di giù, ne l’alta selva fiera
tanto girò, che venne a una riviera.

[13] La donna gira indietro (a dietro volta) il cavallo (palafreno) e lo spinge a briglia sciolta (tutta briglia) nel bosco (per la selva); e non si procura (procaccia) di cercare la via migliore e più sicura dove la selva è più rada che folta ( chiasmo): ma pallida tremando, e fuori di sé (di sé tolta),  lascia al destriero il compito (cura) di trovare la strada. Di sopra e sotto, nell’intricato bosco selvaggio (alta selva fiera analogia - una foresta non può essere fiera, ma qui l’aggettivo sta a significare intricata) girò tanto, fino a quando non giunse ad un fiume (riviera – francesismo, indica la sponda del fiume).

[14] Su la riviera Ferraù trovosse
di sudor pieno e tutto polveroso.
Da la battaglia dianzi lo rimosse
un gran disio di bere e di riposo;
e poi, mal grado suo, quivi fermosse,
perché, de l’acqua ingordo e frettoloso,
l’elmo nel fiume si lasciò cadere,
né l’avea potuto anco riavere.

[14] Sulla riva del fiume (riviera – Ariosto riprende l’ultima parola dell’ottava precedente secondo un procedimento molto utilizzato anche dai cantastorie popolari) si trovava Ferraù, tutto sudato e pieno di polvere (di sudor pieno e tutto polveroso - anastrofe). Dalla battaglia prima lo aveva rimosso un gran desiderio di bere e di riposo; e poi, per sua sventura (mal grado suo), si fermò qui, perché, desideroso di acqua, nella fretta, si lasciò cadere l’elmo nel fiume e non era ancora riuscito a recuperarlo.

[15] Quanto potea più forte, ne veniva
gridando la donzella ispaventata.
A quella voce salta in su la riva
il Saracino, e nel viso la guata;
e la conosce subito ch’arriva,
ben che di timor pallida e turbata,
e sien più dì che non n’udì novella,
che senza dubbio ell’è Angelica bella.

[15] Gridando più forte che poteva (Quanto potea più forte – si riferisce a gridando e non a veniva - iperbato), avanzava la fanciulla (donzella) spaventata. Sentendo la voce il Saraceno [Ferrau] salta sulla riva e la guarda in viso e riconosce (conosce) subito mentre arriva, anche se pallida e stravolta dalla paura e da tanti giorni (sien più dì) non ne aveva più notizia (novella), che senza dubbio ella è la bella Angelica.

[16] E perché era cortese, e n’avea forse
non men de’ dui cugini il petto caldo,
l’aiuto che potea tutto le porse,
pur come avesse l’elmo, ardito e baldo:
trasse la spada, e minacciando corse
dove poco di lui temea Rinaldo.
Più volte s’eran già non pur veduti,
m’al paragon de l’arme conosciuti.

[16] E siccome era cortese (cortese – in base ai principi della cavalleria) e forse non era meno innamorato dei due (dui – forma poetica al posto di due) cugini [Orlando e Rinaldo], le porse tutto l’aiuto che poteva, come se fosse stato protetto dall’elmo (come avesse l’elmo), coraggioso (ardito) e fiero (baldo): estrasse la spada e corse minacciando contro Rinaldo, che al pari di lui non lo temeva. Più volte s’erano non già solo veduti (non pur veduti), ma conosciuti attraverso il confronto delle armi [riferimento ad uno dei duelli raccontati nell’Orlando Innamorato].






Riassunto:

Angelica che non vuol saperne di Orlando e odia e teme Rinaldo, approfitta della sconfitta dei cristiani e rimasta sola nella tenda di Namo, fugge precipitosamente in sella a un cavallo.
Entra in una selva dove si imbatte in un cavaliere che, vestito di tutto punto, con corazza, elmo, lancia e scudo, corre a perdifiato. Angelica lo riconosce immediatamente, è Rinaldo e, più veloce di una pastorella che scappa alla vista di un serpente velenoso, ferma la corsa del suo cavallo, si gira all’indietro e riprende la fuga in senso opposto. Anche Rinaldo riconosce subito Angelica, di cui è follemente innamorato. Egli sta correndo per raggiungere il suo cavallo, Baiardo, fuggito poco prima durante la battaglia in cui Rinaldo era impegnato.
Angelica fugge lasciando che sia il suo cavallo a farsi strada nella selva intricata finchè giunge in riva ad un fiume.
Un cavaliere è chino sulla sponda intento a recuperare il proprio elmo caduto in acqua mentre, in cerca di riposo dalla battaglia, egli stava bevendo. E’ il saraceno Ferraù, anch’egli innamorato di Angelica. L’elmo in realtà non è suo ma del fratello di Angelica, Argalia, che Ferraù aveva sfidato in duello, ferendolo a morte e ottenendo dallo stesso Argalia morente di poter tenere il suo elmo solo per alcuni giorni, scadenza temporale non rispettata.
Le urla di Angelica attirano l’attenzione di Ferraù che riconosce in quella fanciulla, pallida e spaventata, Angelica e sguainata la spada, pur senza l’elmo che ha perso nel fiume, si precipita minaccioso a sfidare Rinaldo in cavalleresca difesa di Angelica.





Personaggi:

I personaggi di queste ottave sono:


Rinaldo viene definito paladino, titolo che originariamente veniva dato ai guerrieri più valorosi ed in quanto tali compagni di palazzo, comites palatii, di Carlo Magno. Rinaldo ama Angelica in quanto aveva bevuto alla fonte dell’amore ma è odiato da lei, perché invece Angelica aveva bevuto alla fonte del disamore.


Baiardo è il cavallo di Rinaldo, il più famoso della letteratura cavalleresca perché fatato e velocissimo, fornito di intelligenza umana. Ariosto lo definisce sia destriero che palafreno non facendo alcuna distinzione tra i due termini che propriamente stavano invece ad indicare, nel caso di palafreno il cavallo da parata, mentre destriero era riferito al cavallo da battaglia, il termine deriva dal latino dextrarius, perché condotto dallo scudiero con la mano destra.


Ferraù è il nipote di re Marsilio, figlio di Falsitone, con Agramante è Re dei Mori. E’ un personaggio delle canzoni di gesta già presente con il nome di Ferraguto nell’Orlando innamorato in cui è un giovane cavaliere saracino, fiero e feroce. Era alla corte di Carlo Magno quando Angelica vi giunse insieme al fratello Argalìa. Innamoratosi subito di Angelica ma da lei rifiutato per la sua bruttezza sfidò il fratello in duello e lo uccise con l’inganno. Argalìa morente gli chiese di essere seppellito nel fiume con l’intera armatura e concesse a Ferrau, che aveva perso l’elmo, di poter indossare il proprio per alcuni giorni. Ferrau lo indossava ancora quando si recò al fiume per bere e qui inavvertitamente gli cadde in acqua.



La selva:

La selva è un luogo molto importante, una sorta di spazio labirintico in cui si incrociano i vari personaggi. E’ luogo di incontri tra i vari personaggi e luogo in cui Angelica trova rifugio durante le sue fughe.


Commento:

Oltre al poema boiardesco Orlando Innamorato, il testo rivela rimandi letterari a Virgilio e Dante, ad esempio:

  • nei versi 11.3-4 l’episodio del contadino che corre per conquistare il drappo del vincitore è presente anche in Dante “parve di coloro/che corrono a Verona il drappo verde”, Inferno XV, v.122.
  • nel verso 13.7 ("Di sù di giù") vedi Inferno V, v.43 ("di qua, di là, di giù, di sù li mena"),
  • l'immagine di Angelica che fugge da Rinaldo come la contadinella davanti al "serpe crudo" riprende Virgilio, Georg., IV, vv.457-9 (il racconto di Euridice morsa da un serpente mentre scappa da Aristeo).

Metrica:

Ottave (strofe di otto versi endecasillabi). Schema ABABABCC (primi sei endecasillabi a rima alternata – ABAB -  e ultimi due a rima baciata – CC ).
Oltre alle figure retoriche indicate nella parafrasi sono presenti allitterazioni alle ottave:

  • 17, R e TR - “or, mentre l’un con l’altro si travaglia”
  • 18, C - “sì come quel c’ha nel cor tanto fuoco”.





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