Premessa
"Aventuroso carcere soave" è una poesia d’amore che fa parte delle Rime, raccolta di liriche scritte sia in latino che in volgare da Ludovico Ariosto. Il poeta in questo sonetto è stato probabilmente ispirato dall’amore per Alessandra Benucci. L’influenza petrarchesca è mitigata dalla gioiosità sensuale narrata e nella svolta, dopo un inizio convenzionale, di intonazione erotica ed elegiaca.
TESTO
PARAFRASI
[1] Aventuroso carcere soave,
dove né per furor né per dispetto,
ma per amor e per pietà distretto
la bella e dolce mia nemica m'ave;
[1] La mia bella e dolce nemica (bella e dolce mia nemica – antitesi per definire l’amata e ossimoro dolce/nemica – in Petrarca: dolce mia nemica, Canzoniere LXXIII, v.) mi ha (m'have) rinchiuso (distretto), non per odio o per dispetto, ma (ma – avversativa ripetuta nelle terzine) per amore e pietà, in un delizioso carcere (carcere soave - ossimoro), fortunato (aventuroso da ventura – ripreso da Petrarca – Canzoniere CVIII, 1).
[5] gli altri prigioni al volger de la chiave
s'attristano, io m'allegro: ché diletto
e non martir, vita et non morte aspetto;
né giudice sever né legge grave,
[5] Gli altri innamorati (prigioni = prigionieri dell’amore), quando sentono di essere stretti dai lacci d’amore (al volger de la chiave), si rattristano, io invece mi rallegro, perché è un piacere e non un tormento, mi aspetto la vita e non la morte, non un giudice severo né una legge restrittiva [cioè non mi aspetto un legame vincolante e troppo serio],
[9] ma benigne accoglienze, ma complessi
licenziosi, ma parole sciolte
da ogni fren, ma risi, vezzi e giochi;;
[9] ma (ma - anafora) un atteggiamento benevolo, abbracci audaci (abbracci licenziosi), parole libere da ogni freno, risa, carezze e giochi,
[12] ma dolci baci, dolcemente impressi
ben mille e mille e mille e mille volte;
e, se potran contarsi, anche fien pochi.
[12] ma i dolci baci, dolcemente impressi mille (mille - anafora) e mille volte ancora [riprende i versi di Catullo – Carmina V, v.7-9], anche se potranno essere contati saranno pochi [riprende i versi di Properzio – Elegiae II, 15, 50].
Analisi del testo della poesia:
Centrale della lirica “Aventuroso carcere soave” è la metafora della relazione amorosa come prigione. La tematica dell’amore come schiavitù, come legame vincolante, attraversa tutta la lirica medioevale e umanistico-rinascimentale, si trova nella letteratura provenzale e in Tasso, nel Dolce Stilnovo (Guinizzelli, Cavalcanti, Dante) e in Petrarca. In questi autori il tema dell’amore come prigione è legato a sentimenti in chiave negativa di sofferenza, dolore e desiderio struggente. Nel sonetto di Ariosto invece questo tema è in chiave positiva: la relazione amorosa è piacevole e avventurosa, cioè fonte di novità, stimolante e mai monotona.
Ariosto capovolge il tema dell’amore come carcere, come prigione amorosa che assoggetta l’uomo che diventa schiavo dell’amata: il carcere in cui lo tiene prigioniero l’amata diviene per il poeta una condizione pienamente appagante, una prigione deliziosa, fonte di gioia per il poeta che in questo si distingue dagli altri innamorati, i “prigionieri d’amore”.
Il carcere d’amore non è quindi origine di privazione e sofferenza, ma anzi dà felicità e libertà e rappresenta quello spazio intimo, nel quale tutto è lecito, abbracci audaci e parole disinibite.
La dimensione in cui è visto l’amore è principalmente “carnale” ed edonistica, come emerge dalle due terzine in cui diviene evidente l’orientamento erotico del componimento, non vi è nulla di spirituale: i due amanti senza remore morali si stringono in abbracci sensuali sussurrandosi parole prive di ogni freno ed il vincolo d’amore è una specie di piacevole prigione in cui coloro che si amano sperimentano la dimensione sensuale e libera del loro sentimento.
Metro:
“Aventuroso carcere soave” è un sonetto costituito da due quartine e due terzine di versi endecasillabi che rimano tra loro secondo lo schema della rima incrociata (le quartine) e ripetuta (le terzine). Schema: ABBA ABBA CDE CDE.
Numerosi i richiami petrarcheschi, catulliani e properziani.
Le figure retoriche sono numerose, a partire dal titolo che è un ossimoro in quanto unisce termini antitetici, un carcere per sua natura non è né soave né avventuroso.
Frequenti anche le antitesi che costituiscono l’ossatura del sonetto:
- Nella prima quartina: la coppia di termini “furor -dispetto” si contrappone alla coppia “amor-pietà” a evidenziare la differenza tra il poeta e gli altri innamorati, prigionieri d’amore;
- Nella seconda quartina, si contrappongono: “s’attristano” (gli altri) a “io m’allegro” (il poeta); diletto a martir (piacere-sofferenza); vita a non la morte;
- Nelle due terzine: “benigne accoglienze-complessi licenziosi-parole sciolte” e “risi, vezzi e giochi” si contrappongono al’ultimo verso della quartina “giudice sever-legge grave”.