Premessa
Mastro-don Gesualdo, il protagonista, gravemente malato, si lascia convincere a trasferirsi dalla campagna catanese nel palazzo del genero, il duca di Leyra, a Palermo, per stare con la figlia Isabella e farsi visitare da medici specialisti.
Riassunto ultimo capitolo
Gesualdo viene confinato in un appartamento nella foresteria del palazzo. Nonostante inizialmente egli cerchi di adeguarsi agli usi del palazzo, per esempio vestendosi da cerimonia al momento di presentarsi per il pranzo, egli non riesce ad integrarsi. Il suo senso di estraneità ed isolamento cresce ogni giorno di più, non avvezzo alla vita di palazzo e lontano dalle occupazioni pratiche a cui era abituato, considera un inutile spreco di denaro lo sfarzo dell’arredamento e l’esercito di domestici al servizio del duca; sperpero di quei beni che egli ha faticosamente accumulato.
Gesualdo si sente a disagio, in soggezione, con il genero, che lo tratta apparentemente con ogni riguardo ma con distacco e che vorrebbe diventare amministratore di tutti i suoi beni. Anche con la stessa Isabella, Gesualdo non riesce ad entrare in confidenza, nonostante ella gli faccia visita ogni giorno, amorevole e premurosa, rimane chiusa in se stessa e silenziosa.
Gesualdo affacciato alla finestra passa il tempo a osservare l’attività di palazzo, a conteggiare quante attività proficue si sarebbero potute fare con i soldi sprecati per mantenere tutti quei domestici e tutto quel lusso e ripensa alla sua campagna ed è preda di nostalgie e ricordi.
La sua malattia, dopo un momentaneo miglioramento, non fa che peggiorare nonostante il consulto dei migliori specialisti e le tante medicine acquistate.
I medici lo trattano con sufficienza, lo visitano, lo tastano, lo rigirano senza fargli sapere niente o al limite bisbigliando una spiegazione incomprensibile se richiesta. A tale stregua tanto valeva, pensa Gesualdo, starsene al paese dove almeno era rispettato e trattato come un gentiluomo, non come uno zotico.
Se ne vorrebbe andare, non ci sta bene in quella casa e si rende conto che anche la figlia, nonostante l’apparenza, non è felice.
Un giorno riceve la visita dell’amministratore del duca, tutto gentilezze e salamelecchi, che vorrebbe la delega per amministrare i beni di Gesualdo. La reazione di Gesualdo è di irrigidimento, egli simula una colica per liberarsi dell’amministratore.
Ma poi pensa che accondiscendere a quella richiesta può essere un modo per ritornare a casa sua e chiede di poter parlare con il proprio notaio per poter firmare la procura ma ormai non serve più, la malattia è troppo avanzata, egli non è più in grado, ed i suoi familiari non hanno più così fretta e rinviano di giorno in giorno.
Consapevole dell’approssimarsi della morte Gesualdo viene preso dai rimorsi e vorrebbe risarcire i due figli illegittimi avuti da Diodata, nominandoli nel testamento ma il genero sapendo che Isabella risulta come la sua unica figlia e dunque unica erede, rinvia continuamente l’arrivo del notaio e non dà seguito alla richiesta.
Gesualdo, dopo un ultimo consulto medico da cui capisce che non c’è più nulla da fare e compreso che non gli faranno mai incontrare un notaio fa quello che già aveva fatto suo padre sul letto di morte, rancoroso volge le spalle a tutti, col viso al muro, in segno di rifiuto.
Fa un ultimo tentativo di avere con Isabella un estremo, sincero dialogo, per tentare di trasmettere alla figlia la propria morale della roba e di renderla partecipe della propria angoscia di sapere che dopo la sua morte, nelle mani del genero, tutto il suo patrimonio, così faticosamente accumulato, andrà dissipato.
Nonostante Isabella sia recalcitrante alla fine si rassegna e si siede sulla sponda del letto disposta ad ascoltare il padre. Egli cerca di spiegare alla figlia quanta fatica e sacrifici è costato accumulare tanta ricchezza e le raccomanda di averne cura, di proteggerla e di difenderla dalle brame del marito. Elenca ad una ad una le varie proprietà descrivendo sia le caratteristiche materiali dei terreni ed il loro valore economico ed anche affettivo, in quanto vissute insieme anche alla madre di Isabella. Infine egli cerca di far capire alla figlia che ha degli scrupoli di coscienza nei confronti dei figli avuti illegittimamente dalla serva e le chiede di provvedere lei visto che lui non può più farlo.
Isabella mentre il padre le parla non fa altro che singhiozzare e di fatto non dice una parola. Gesualdo si emoziona quasi stupito che la figlia possa soffrire per la sua scomparsa, consapevole della distanza che vi è tra di loro. Le sue frasi per la commozione si spezzano a metà e rimangono incompiute ed egli mostra a suo modo tenerezza.
Egli intuendo l’infelicità sentimentale di Isabella, innamorata di un uomo diverso dal marito, vorrebbe riuscire in uno slancio paterno a parlane con lei ad entrare più nell’intimo della ragazza ma a quel punto Isabella si chiude a riccio mostrando l’orgoglio tipico della famiglia cui appartiene per parte di madre, la famiglia Trao, così lontana dai Motta, la famiglia di Mastro-don Gesualdo e tra padre e figlia si rialza il muro che li divide. Tra i due non vi è più possibilità di contatto così come non vi è possibilità di contatto tra i due diversi mondi cui l’uno e l’altra appartengono, la loro incapacità di comunicare è insanabile e la figlia rivela ancora una volta di appartenere, per educazione e carattere, ad un mondo antitetico rispetto a quello del padre, quello dei nobili Trao.
Dopo alcuni giorni, una notte le condizioni di salute di Mastro-don Gesualdo peggiorano. Il servitore alle cui cure egli è stato affidato è nella stanza attigua, infastidito dai lamenti e dai rantoli di Gesualdo e nonostante questo gli chieda di poter vedere la figlia, lo ignora. Gesualdo entra in come e mentre il servo riflette se sia il caso di avvertire Bianca o sia meglio aspettare, muore nella solitudine e nell’indifferenza.
La scena finale vede la stanza dove giace il corpo di Mastro-don Gesualdo affollarsi di domestici spinti dalla curiosità. Con disprezzo commentano il fatto che un uomo rozzo e volgare muoia in lenzuola di lino come un principe. Adesso bisogna avvertire non la duchessa Isabella, la figlia, ma la sua cameriera, per rispetto delle gerarchie interne della casa.
Riassunto del romanzo completo:
Analisi del capitolo
Nel capitolo conclusivo del romanzo Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga intervengono diversi punti di vista che descrivono dall’esterno il protagonista anche se il punto di vista dominante rimane quello di Gesualdo che viene espresso attraverso lunghi monologhi interiori. Si possono distinguere 3 parti che consistono in:
- Descrizione di come Gesualdo trascorre il tempo nel palazzo del genero. E’ Gesualdo stesso che conduce la narrazione mostrando la quotidianità fatta di riti e cerimonie della vita del palazzo nobiliare e quanto tutto ciò risulti vacuo e inutilmente dispendioso;
- Descrizione di alcuni episodi: i consulti dei vari specialisti ed il tentativo di farsi spiegare la malattia, la visita dell’amministratore del duca, gli incontri con la figlia Isabella e a volte anche con il genero. Vi sono vari punti di vista ma quello dominante è ancora quello di Gesualdo. Soprattutto negli incontri con la figlia emerge l’insuperabile contrasto tra le brame del possesso e le pulsioni affettive;
- Il punto di vista del servo che lo accudisce che mostra il suo crudele e sprezzante atteggiamento nei confronti di colui che essendo considerato un suo pari non merita considerazione. Anche l’atteggiamento malevolo e indifferente degli altri servi che si affollano intorno al cadavere, sottolinea la doppia sconfitta di Gesualdo che rimane estraneo all’ambiente nobiliare e rifiutato dal ceto a cui appartiene per nascita. La solitudine è l’inevitabile conseguenza per chi esce dai ranghi del proprio status sociale.