VITA
Publio Virgilio Marone nasce il 15 ottobre del 70 a.c. vicino a Mantova, ad Andes (oggi Pietole), un piccolo villaggio.
I suoi genitori erano agiati agricoltori molto legati alla terra.
Virgilio riceve una formazione classica e un’accurata educazione letteraria: studia grammatica e retorica a Cremona, Milano e Roma, mentre a Napoli approfondisce i suoi interessi filosofici e scientifici e probabilmente frequenta il circolo epicureo di Sirone.
La guerra civile di Ottaviano e Antonio comporta la confisca dei terreni nel mantovano, anche Virgilio viene colpito dal decreto di espropriazione emanato per compensare i soldati usciti vittoriosi dalla battaglia di Filippi del 42 a.C., viene così privato del suo podere.
Decide quindi di trasferirsi definitivamente a Roma, dove aveva già soggiornato per completare gli studi e godeva dell’amicizia di alcuni personaggi influenti.
A Roma entra in contatto con i maggiori circoli culturali del tempo e stringe amicizia con uomini importanti e protettori di artisti e poeti come Asinio Pollione e Mecenate che lo introducono nella cerchia dei poeti della corte dell’Imperatore Ottaviano Augusto.
A Roma compone le sue opere, dapprima Le Bucoliche (39 a.C.), una raccolta di brevi componimenti pastorali e poi Le Georgiche (37-30 a.C.), un poema didascalico in quattro libri di regole pratiche per l’agricoltura.
La grande opera di Virgilio, quella che lo ha reso poeta universale e gli ha dato la fama in tutto il mondo è l’Eneide (30-19 a.C.), un poema epico, in 12 libri, scritto con lo scopo di esaltare le origini di Roma e di celebrare la famiglia Giulia e il suo massimo esponente, l’imperatore Ottaviano.
L’opera viene redatta prima in prosa e poi in versi e dopo la prima stesura Virgilio decide di intraprendere un viaggio di studio in Grecia e in Asia per raccogliere materiale utile per completare il poema e perfezionare la stesura definitiva.
Virgilio muore il 22 settembre del 19 a.C., a Brindisi, mentre è di ritorno dalla Grecia.
Prima di morire chiede che l’Eneide venga distrutta perché incompiuta, ma per ordine dello stesso Ottaviano l’opera viene salvata e pubblicata.
Viene sepolto a Napoli e si dice che morente abbia egli stesso dettato il suo epitaffio: “Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Partenope: cecini pascua, rura, duces” (“Mantova mi generò, la Calabria mi strappò alla vita, ora mi tiene Napoli: cantai i pascoli, i campi, gli eroi”).