Definizione
La similitudine (dal latino “similitudo” = somiglianza) è una figura retorica del significato che si basa sul confronto ed il paragone esplicito fra due realtà, due immagini, due personaggi, due azioni che hanno tra loro rapporti di affinità e somiglianza.
La similitudine è introdotta da avverbi di paragone o da locuzioni avverbiali: come, sembra, pare, è simile a, a somiglianza di, ecc…
In ambito letterario la similitudine serve per conferire maggiore espressività nell’esposizione di un pensiero, per chiarirlo meglio o renderlo più evidente o più intenso nel significato. Attraverso la similitudine il pensiero espresso viene posto a confronto con un altro più comune che abbia qualche somiglianza con il primo.
Uso nel linguaggio comune
La figura retorica della similitudine è largamente utilizzata nel linguaggio comune, nelle sue forme più semplici, ad esempio:
- lungo come la fame,
- sembra bianco come la neve,
- puro come un giglio,
- brutto come la morte,
- chiaro come il sole,
- rosso come il fuoco,
- forte come un leone,
- astuto come una volpe.
Esempi letterari di Similitudine:
Gli esempi tratti da testi e poesie famose sono il modo migliore per comprendere pienamente il significato della similitudine e quando sia da utilizzare.
con la nutrice che aveva in braccio il bambino,
il figlio amato di Ettore, simile a chiara stella…"
(Omero, Iliade, Libro VI, vv.343-345)
peliaca trave; come viva fiamma,
o come disco di nascente Sole
balenava il suo scudo…"
(Omero, Iliade, Libro XXII, vv.171-174)
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.…"
(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto III, vv.112-117)
(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto II, v.55)
(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto III, v.136)
(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto V, v.142)
in ragna o in visco aver dato di petto,
quanto più batte l’ale e più si prova
di disbrigar, più vi si lega stretto…"
(L. Ariosto, L’Orlando furioso, XXIII, Ottava 105)
che volea tutta uscir con troppa fretta.
Così veggiàn restar l’acqua nel vase,
che largo il ventre e la bocca abbia stretta;
che nel voltar che si fa in su la base,
l’umor che vorria uscir, tanto s’affretta,
e ne l’angusta via tanto s’intrica,
ch’a goccia a goccia fuore esce a fatica…"
(L. Ariosto, L’Orlando furioso, XXIII, Ottava 113)
(Leopardi, La ginestra, v.202)
l’onda s’avvolve e pesa
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa
Scorrea la vista a scernere prode remote invan;
Tal su quell’alma il cumulo delle memorie scese.…"
(Manzoni, Il cinque maggio, vv.51-68)
(Manzoni, I promessi sposi, Cap.XI)
(Verga, I Malavoglia, Cap.I)
(Pascoli, Il sogno della vergine, v.41)
come l’aratro in mezzo alla maggese…"
(Pascoli, Lavandare, Myricae, vv.7-8)
come il fruscio che fan le foglie
del gelso.…"
(D'Annunzio, La sera fiesolana, vv.1-3)
sotto al cielo il monte par…"
(Carducci, In Carnia, vv.3-4)
una bianca pollastra…"
(Umberto Saba, A mia moglie, vv.1-2)
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma…"
(Umberto Saba, Ritratto della mia bambina, vv.5-8)
mi sorprende, a pensarla, un ricordo remoto
dell’infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino. Mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti…"
(C. Pavese, Incontro, vv. 14-18)