Definizione:
Apostrofe, il significato letterale di questa figura retorica è “rivolgersi” (dal greco apostréphein), infatti l’apostrofe è il procedimento stilistico che consiste nell’interrompere l’ordine normale del discorso per rivolgersi, con tono enfatico, a qualcuno o a qualcosa, una persona o ad una cosa personificata.
I soggetti a cui l’apostrofe si rivolge, attraverso l’uso della seconda persona singolare o plurale, possono essere soggetti assenti o scomparsi, concetti personificati ed anche il lettore stesso a cui ci si riferisce attraverso la seconda persona singolare.
La figura retorica dell’apostrofe serve per conferire particolare immediatezza ed efficacia quando si vuole dare pathos al discorso. Può essere un’invocazione o un’esclamazione con cui si manifesta un sentimento di dolore, o di commozione, o di gioia, o di indignazione. In quest’ultimo caso se è seguita da toni veementi, derisione, scherno o sarcasmo diventa un’apostrofe invettiva.
Uso nel linguaggio comune:
Nella retorica classica è una delle tecniche utilizzate in tribunale, nelle arringhe con cui l’avvocato si rivolge ai giudici, o alla giuria, al pubblico od all’imputato.
Nel linguaggio quotidiano sono tanti i casi: la si usa quando per esempio ci si rivolge a qualcuno per persuaderlo riguardo qualcosa, o per rimproverare, o per invocare con la preghiera.
Esempi letterari di Apostrofe:
Gli esempi tratti da testi e poesie famose sono il modo migliore per comprendere pienamente il significato dell'apostrofe.
Nave senza nocchiere in gran tempesta…"
(Dante, Purgatorio, Canto VI, vv.76-77)
Dante si rivolge all’Italia come se fosse una persona interrompendo la narrazione e provocando un effetto di commozione.
d’incenerarti, sì che più non duri,
poi che in mal fare il seme tuo avanzi?"
(Dante, Inferno, Canto XXV, vv. 10-12)
e di men crudo fato
degnovate!"
(Giuseppe Parini, La caduta, vv.17/19)
che per mare e per terra batti l’ali,
e per lo ’nferno tuo nome si spande!"
(Dante, Inferno, Canto XXVI, vv.1-3)
(Dante, Inferno, Canto XXXIII, v.66)
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?"
(G. Leopardi, A Silvia, vv.36-39)
tuo grido odo alzarsi repente
al conspetto del Mare,
e il tuo disperato dolore
chiamar le figlie e i figli
per l’inesorabile chiostra,
e stridere odo l’arco
forte e sibilare lo strale."
(G. D’Annunzio, Alcyone, vv.41-48)