Sezione
Letteratura

Riassunto e analisi del romanzo

La coscienza di Zeno

Italo Svevo

· Pubblicato · Aggiornato ·

La coscienza di Zeno di Italo Svevo rappresenta un’opera fondamentale nel panorama della letteratura contemporanea. Con Zeno, antieroe per eccellenza, viene messa a fuoco la figura dell’inetto quale rappresentante dell’uomo contemporaneo, abulico e infelice, incapace di assumersi responsabilità. Le nevrosi di Zeno destano simpatia nel lettore che per alcuni aspetti riconosce in esse anche le proprie debolezze.


 

RIASSUNTO


Il protagonista è Zeno Cosini, un benestante borghese triestino, che scrive un diario, seguendo il  consiglio del suo psicanalista, in cui narra gli episodi basilari e significativi della sua vita.
Il romanzo si struttura in otto capitoli, o meglio una Prefazione e sette capitoli:


Capitolo 1 - Prefazione:

Il primo capitolo del romanzo "La coscienza di Zeno" consiste nella prefazione scritta dal dottor S., lo psicanalista, di scuola freudiana, che ha avuto in cura Zeno, che in poche righe spiega che ha deciso di divulgare le memorie del suo paziente per vendetta, dato che quest'ultimo ha abbandonato la cura.


Capitolo 2 - Preambolo:

Da questo capitolo in poi la narrazione è fatta da Zeno che è dunque sia il protagonista che il narratore.
Il secondo capitolo del romanzo rappresenta l’introduzione del protagonista in cui Zeno raccoglie l’invito del suo psicanalista, Dott. S. di scrivere la sua autobiografia come cura, in modo da facilitare la riemersione dei ricordi remoti e, dopo aver letto un libro sulla psicoanalisi, decide di scrivere le sue memorie in cui rievoca i passi significativi della sua vita.
Non si tratta di un vero diario perché il tema della narrazione non è la vita del protagonista ma la storia della sua malattia, e le tappe che Zeno ripercorre sono quelle della sua malattia dell’anima.
La malattia che lo affligge  è l’inettitudine che qui assume le peculiarità di una patologia psicologica, una nevrosi che si manifesta attraverso il senso di insoddisfazione costante, l’angoscia, la paura incontrollabile, il conflitto costante con l’ambiente che lo circonda.


Capitolo 3 – Il fumo

Zeno inizia il suo diario partendo dal vizio del fumo che mette in evidenza la sua nevrosi basata sul continuo rinviare ciò che si ripromette di fare.
Zeno da giovane è stato il classico perdigiorno, appartiene ad una famiglia borghese benestante, ed è animato da buoni propositi, quali studiare seriamente e sistemarsi, che naturalmente vengono sempre disattesi  e rinviati. Questo aspetto della nevrosi di Zeno, il dilazionare e rimandare, è la materia del capitolo sul fumo.
Il protagonista, fumatore incallito, fin da giovanissima età, racconta del proprio pigro dipendere dal vizio del fumo, e dei suoi ricorrenti, quanto inutili, tentativi di liberarsene. Ogni sigaretta, si ripromette Zeno sarà l’ultima e riempie di questo suo buon proposito, con le scritte “ultima sigaretta”,  il suo taccuino. In realtà, ogni volta, dopo aver assaporato con estremo piacere e soddisfazione, proprio per il fatto che sarà quella definitiva, l’ultima sigaretta, a quella ne seguono altre in un rincorrersi di decisioni prese e subito dopo disattese, emblematiche della sua vita improntata sulla mancanza di volontà e sull’incapacità di perseguire fino in fondo un proposito.
Emergono in questo capitolo i temi fondamentali del romanzo: la continua irresolutezza, la malattia della volontà, lo smascheramento degli artifici dell’inconscio, l’inettitudine, l’autoironia.


Capitolo 4 – La morte del padre

Il capitolo “La morte del padre” racconta del rapporto conflittuale con il padre, ricco di silenzi e fraintendimenti.
La figura paterna in quanto figura che incarna la maturità suscita odio in Zeno, anche se egli non lo confessa neppure a se stesso, rimuovendo, nell’accezione freudiana, questo sentimento per adeguarsi alle convenzioni borghesi in base alle quali il sentimento filiale deve essere inevitabilmente di amore e rispetto.
Zeno si sofferma con particolare attenzione sugli ultimi giorni di vita del genitore, quando in punto di morte, per un equivoco, questi colpisce con uno schiaffo il figlio, sigillando con un ultimo malinteso il legame tra i due.
Zeno interpreta l’episodio come intenzionale volto a infliggergli un’ultima punizione. Questa interpretazione trova la spiegazione nel senso di colpa di Zeno per l’avere desiderato la morte del padre, nonostante Zeno non voglia ammetterlo.


Capitolo 5 – La storia del mio matrimonio

Il capitolo “La storia del mio matrimonio” parla del rapporto con le donne. Zeno ha un rapporto conflittuale e immaturo anche con le donne.
Zeno è uno scapestrato e un donnaiolo ma decide improvvisamente di “mettere la testa a posto” sposandosi. Inizia a frequentare le tre sorelle Malfrenti, figlie di un uomo d’affari triestino. Zeno si innamora della primogenita Ada, la più bella, alla quale goffamente si dichiara. Ada, interessata al più disinvolto Guido Speier, lo respinge per cui Zeno decide di dichiararsi alla secondogenita Alberta, la quale a sua volta lo rifiuta. Finisce quindi per sposare quella che gli piace di meno, Augusta, la più brutta delle tre sorelle con un occhio strabico. Augusta rappresenterà per lui un affetto tiepido ma anche sincero e in grado di garantirgli una vita coniugale regolare e serena. In lei Zeno trova una seconda madre che lo accudisce e lo ama. Anche in questa situazione il personaggio di Zeno si caratterizza come inetto, inetto alla vita che non è in grado di fare delle scelte e che si lascia trascinare dagli eventi, per cui, pur essendo amante della vita da scapolo senza regole, alla fine Zeno finisce per accettare passivamente le regole del matrimonio.


Capitolo 6 – La moglie e l’amante

Zeno, per conformarsi agli usi della società dell’epoca, diviene l’amante di Carla Greco, una povera ragazza che gli rimarrà fedele per tutto il periodo della relazione ma che, come tutto, non lo coinvolge in maniera profonda. Rapporto matrimoniale ed extraconiugale si integrano e procedono quasi di pari passo, tra sensi di colpa e l’attrazione per l’esperienza trasgressiva, finché Carla stanca della situazione sposa il suo insegnante di canto.





Capitolo 7 – Storia di una associazione commerciale

Narra dell'impresa commerciale portata avanti da Zeno con Guido Speier, marito di Ada, e del rapporto con il cognato nei confronti del quale Zeno prova forte antipatia e un sentimento di rivalsa.
I due cognati sono estremamente diversi, Guido è una persona espansiva e brillante, ma anche superficiale e incapace, Zeno è inconcludente, insicuro e passivo.
L’azienda va in completa rovina, sia a causa dell’inadeguatezza e la disattenzione di Guido sia per la svogliatezza e l’incertezza di Zeno.
Guido simula un suicidio, pensando così di salvare il proprio onore e di riuscire ad avere un ulteriore prestito dalla famiglia della moglie. Le cose vanno però diversamente perché per errore sbaglia la dose del sonnifero e muore.
Zeno dovendosi occupare delle questioni pratiche ed economiche legate alla morte del cognato, cerca di riavvicinarsi ad Ada, sembra che tra loro possa nascere qualcosa ma anche questa situazione si conclude in niente.


Capitolo 8 - Psico-analisi (Conclusione)

Nella conclusione del racconto Zeno ha sospeso la terapia e rifiuta e condanna con disprezzo la psicoanalisi che non gli ha arrecato alcun beneficio ed è anzi stata fonte di nuove malattie dell’animo.
Al termine del romanzo Svevo, tramite il personaggio di Zeno, fa una amara riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo. Attraverso il protagonista che si dichiara completamente sano,  Svevo rivela che la malattia interiore che affliggeva Zeno è una condizione comune a tutta l’umanità, è congenita in quanto insita nella civiltà dell’epoca che il progresso da una parte ha migliorato ma dall’altra ha irrimediabilmente compromesso. Il progresso è in realtà per l’uomo un falso progresso, è solo degenerazione e malattia, dovuti alla continua ricerca di qualcosa che la sete di denaro e potere e il desiderio di possesso non possono dare.
La pagina che chiude il romanzo è famosa in quanto anticipatrice della moderna visione della fine del mondo per mano umana.  La scena è apocalittica: l’uomo in possesso di un “esplosivo incomparabile”, che colloca al centro della terra, finirà per portare la terra alla catastrofe. “Ci sarà un’esplosione enorme.. e la terra, ritornata alla forma di nebulosa, errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.


 

ANALISI DEL TESTO

Italo Svevo come Pirandello esce dalla crisi letteraria e filosofica da cui era nato il Decadentismo, con posizioni molto diverse rispetto a Pascoli e a D’Annunzio, approdando ad una visione dell’arte molto più problematica di quella del Decadentismo. Se con i poeti simbolisti e con gli stessi Pascoli e D’Annunzio era ammessa una sorta di verità, pur se non univoca e granitica ma utile a dare spiegazione dell’esistere, con Svevo e Pirandello la possibilità di arrivare a una qualsiasi verità viene negata. La realtà è multiprospettica e dinamica, in assidua evoluzione e mutazione, pertanto la verità non esiste, ma esistono tante verità possibili e l’arte non può rappresentare la realtà ma sta al lettore dare una propria interpretazione e la costruzione di un senso.
La modernità della visione di Svevo sta nell’idea di fare  della coscienza di un personaggio il centro del romanzo, coscienza considerata nell’ottica della psicanalisi di Freud, si tratta quindi di una coscienza problematica, contraddittoria, in cui la parte istintiva e la parte razionale si contrastano in continuazione. E’ una coscienza che mente, a se stessa e agli altri, che distoglie lo sguardo dalle vere cause del proprio disagio.
Si definisce il personaggio che rappresenta la figura centrale per molta letteratura europea del ‘900, un uomo inetto alla vita, “malato” di una malattia morale che spegne ogni spinta all’azione e ogni impulso vitale o ideale: Zeno Cosini trascorre la sua vita in una statica indifferenza, basata  su una capacità di auto-analisi che lo porta ad un’ironia distruttiva che lo allontana da ogni rapporto diretto con la realtà.
La coscienza di Zeno non è, come potrebbe apparire a prima vista, un’autobiografia di Zeno, ma è la storia della sua malattia. La narrazione verte infatti sulla malattia del protagonista-narratore, e non sulla sua vita. Di conseguenza la materia narrativa segue un percorso basato sulla specificità del tema: la vicenda non ripercorre le tappe cronologiche della vita dell’uomo (infanzia, fanciullezza, maturità), ma quelle della “malattia dell’anima”. La malattia in questione altri non è se non l’inettitudine che assume le caratteristiche di una vera e propria nevrosi, una patologia di natura psicologica che si manifesta in diversi modi: senso di insoddisfazione costante, angoscia, paura incontrollabile, conflitto costante con l’ambiente in cui il soggetto vive, sensazione di inadeguatezza, ecc. Le cause, in base alla psicoanalisi freudiana, vanno ricercate nei traumi e nei conflitti irrisolti dell’infanzia che hanno impedito la piena maturazione psicologica dell’individuo.
L’utilizzo della psicoanalisi, nonostante Svevo non abbia alcuna fiducia nel suo potere terapeutico, è strumentale perché ritenuto dallo scrittore molto efficace in campo letterario per le possibilità che apre nella comprensione dei meccanismi che regolano il comportamento dell’individuo.





 

LA FUNZIONE DEL PRIMO CAPITOLO

Perché questa premessa? Qual è la funzione del primo capitolo?
Lo scopo è porre il lettore in uno stato di sospetto, attraverso una voce autorevole, lo psicanalista, a diffidare della voce narrante e a mantenere una posizione critica riguardo a tutto ciò che affermerà. Mentre nell’arte tradizionale è fondamentale che il lettore non sia incredulo verso quanto raccontato e riconosca come verità la storia per immedesimarsi in essa, anche quando si tratta di narrazioni di fantascienza, per Svevo, ed altri rappresentanti dell’arte moderna, il lettore deve mantenere uno stato di sospetto e vigilanza, diffidando delle vicende narrate.
Si fa appello quindi alla partecipazione interpretativa da parte del lettore che è chiamato a discernere la verità dalla menzogna, il lettore deve dipanare la matassa di un racconto che si rivela un groviglio di verità e bugie (o autocensure) e distinguere quando il personaggio sta mentendo o sta dicendo la verità, per arrivare ad una possibile verità al di là di quella fornita dal protagonista-narratore.
Ciò perché “La coscienza di Zeno” non è un romanzo basato sulla rappresentazione oggettiva e precisa di una realtà sociale come nei romanzi naturalisti, né il resoconto autentico e semplice di una vicenda biografica, ma è la narrazione di una coscienza in cui convivono sia le verità quanto le falsità, tanto l’ammissione quanto l’inganno, tanto la confessione delle proprie debolezze quanto la necessità di alibi per ottenere l’assoluzione.
Svevo afferma l’esistenza di un nuovo tipo di verità, in contrapposizione alla verità basata sull’autorevolezza del punto di vista (ipse dixit), basata su una cooperazione tra il lettore e l’opera.

 

STILE

Zeno utilizza un lessico moderno: il testo di Italo Svevo è pervaso di un sottile umorismo ed è scritto con un linguaggio semplice e vivace, vicino al parlato in cui, qua e là, si inseriscono espressioni tecniche, ripetizioni, metafore, similitudini e giochi di parole che danno un tono ironico alla narrazione.  L’ironia è una componente stilistica fondamentale: ogni avvenimento presenta aspetti ironici.
L’elemento tecnico-stilistico più originale è il discorso indiretto libero che è alla base del monologo interiore del protagonista.
Innovazioni formali:

  • La struttura temporale:
    Il romanzo si articola per capitoli a tema e non cronologici, la struttura narrativa non segue più il modello del romanzo ottocentesco basato sul resoconto cronologico di una vicenda. I fatti vengono narrati attraverso una continua alternanza di piani temporali (il passato dell’io narrato e il presente dell’io narrante) che rappresenta quindi una novità rispetto all’andamento cronologico dei romanzi tradizionali. E’ una tecnica narrativa in linea con quella utilizzata dai grandi scrittori contemporanei di Svevo (Proust, Joyce, Woolf, Pirandello) in cui il tempo si relativizza in base alla percezione che ne ha il personaggio: è il tempo interiore della coscienza.
  • La voce narrante:
    A differenza del romanzo ottocentesco in cui il narratore si caratterizzava per la sua credibilità (narratore oggettivo), nel romanzo di Svevo la voce narrante appare inattendibile, è insicuro e incerto nell’interpretare le vicende del proprio passato e può solo immaginare ed avanzare delle ipotesi interpretative.

 

CONFRONTO MONOLOGO DI ZENO E FLUSSO DI COSCIENZA DI JOYCE

Differenze:

  • Nella coscienza di Zeno c’è un narratore che, benché del tutto inattendibile, mette ordine, costruisce logicamente il discorso, seleziona i materiali, dà un’articolazione tematica. Nell’opera di Joyce c’è il rifiuto del narratore che mette ordine.
  • Zeno mette le parole su carta e dunque ha il pieno controllo, o quasi, del suo flusso di pensieri. In Joyce vi è un flusso caotico e magmatico dei pensieri senza un intervento ordinatore ed assenza di punteggiatura, rinuncia alla sintassi.
  • Molly ed anche Leopold, i personaggi dell’Ulisse, pensano fra sé, Zeno invece si rivolge ad un destinatario, il Dott. S., ciò lo obbliga ad un controllo attento.






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